29 gennaio 2019

Il sublime di Geert Goiris a Bologna

 

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Appuntamento nel Salone Banca di Bologna di Palazzo De’ Toschi, a pochi passi da Piazza Maggiore, per “Terraforming Fantasies”, la prima personale di Geert Goiris (1971) in Italia. Una mostra immersiva che porta ad ART CITY Bologna una selezione di video, fotografie e diapositive realizzate dal fotografo e videomaker belga in vent’anni di ricerca, presentati in un allestimento concepito appositamente per questo spazio dall’architetto Kris Kimpe, collaboratore abituale dell’artista. “Terraforming Fantasies” è curata da Simone Menegoi e Barbara Meneghel che in questa intervista ci raccontano la ricerca dell’artista e la storia della mostra – iniziata molti mesi prima della nomina di Menegoi alla direzione di Arte Fiera -, e ripercorrono la loro collaborazione con Banca di Bologna, che dopo questo evento espositivo terminerà, per l’impossibilità di Menegoi di ricoprire contemporaneamente l’incarico di curatore per Banca di Bologna e di direttore artistico di Arte Fiera.  
Che tipo di mostra sarà “Terraforming Fantasies”? È la prima personale di Goiris in Italia, quale parte della sua produzione vedremo in mostra? Ci sarà un allestimento molto particolare, come sarà?
«”Terraforming Fantasies” è una campionatura della produzione degli ultimi vent’anni circa di Geert Goiris, autore che ha già avuto importanti riconoscimenti internazionali, ma non ha mai esposto in Italia. È una mostra immersiva, nella quale la relazione fra spettatore, spazio e opere è fondamentale. L’approccio alle fotografie, ai video e alle diapositive dell’artista è influenzato in modo determinante dall’allestimento, basato su cinque unità espositive esagonali, ognuna delle quali è al tempo stesso autonoma e in dialogo con le altre. L’ambiente che ne risulta permette al visitatore di muoversi nello spazio liberamente e di scoprire le opere poco a poco. La sensazione di essere immersi in una dimensione ‘altra’ si riverbera nel titolo, che riprende quello della videoinstallazione a cinque canali in mostra, e nel quale compare il termine ‘terraforming’ (in italiano si potrebbe tradurlo, goffamente, con ‘terraformazione’). È un neologismo che indica l’operazione – al momento, puramente ipotetica – di rendere abitabili dall’uomo pianeti diversi dal nostro, in primo luogo modificandone l’atmosfera. Goiris ha scelto questa parola con un intento in parte polemico. Ai suoi occhi riassume e simboleggia il patetico velleitarismo dell’umanità contemporanea: invece che sforzarci di preservare il pianeta su cui viviamo, preferiamo baloccarci con fantasie di impossibili fughe su altri. Le immagini in mostra trasmettono la sensazione diffusa di trovarci di fronte a un mondo alieno: è il nostro, ma reso estraneo dal senso di una catastrofe imminente». 
La mostra negli spazi della Banca di Bologna è strettamente collegata alla personale di Goiris alla Royal Academy of Fine Arts di Anversa. Qual è il legame tra le due mostre?
«Geert Goiris ha lavorato ai due progetti parallelamente. A parte il fatto che la selezione di immagini di Bologna è diversa da quella di Anversa, ciò che distingue le due mostre è l’allestimento. Ad Anversa i moduli espositivi erano solo due, di forma rettangolare, e racchiudevano le due opere luminose della mostra, la videoinstallazione a cinque canali Terraforming Fantasies e lo slide show analogico Prelap, entrambi del 2018. Le immagini fisse erano presentate sotto forma di grandi poster alle pareti. Ne conseguiva un’esperienza della mostra relativamente lineare e progressiva, che muoveva da un capo della sala all’altro. A Bologna i moduli sono cinque, di forma esagonale: due, come già detto, racchiudono le opere luminose; tutti esibiscono sulle pareti esterne le immagini fotografiche, presentate sotto forma di stampe incorniciate e sotto vetro, le cui dimensioni variano dall’intimo all’imponente (Dead Bird, del 2008, misura due metri e mezzo per due). L’esperienza della mostra si apre a traiettorie e percorsi diversi: per vedere tutto bisogna girare intorno ai moduli, tornare sui propri passi, scegliere una direzione possibile fra quelle che si aprono a ogni svolta. Ogni spettatore costruisce su misura la propria visita». 
Come possiamo riassumere, in generale, i cardini della ricerca di Goiris? Quali tecniche fotografiche impiega?
«Una parola chiave per il lavoro di Goiris è “sublime”, la categoria estetica elaborata nelle arti e nella riflessione filosofica alla fine del Settecento, che ha introdotto nella cornice dell’arte l’esperienza traumatica di ciò che tende a sovrastare il soggetto e a minacciarne l’esistenza stessa. Nel Settecento, si trattava per lo più della vastità della natura o dello spettacolo della sua forza scatenata (il mare in tempesta, eruzioni vulcaniche); ora che è la natura ad essere minacciata dall’uomo, il sentimento del sublime nasce semmai dalla contemplazione della catastrofe ecologica incombente (o già in atto). Ma più che da questo senso di catastrofe, il sublime delle foto di Goiris deriva, come è stato scritto, dalla fugace visione del mondo come potrebbe apparire spogliato di ogni proiezione o interferenza umana, dal silenzio delle cose. Il titolo della mostra di Anversa era “World Without Us”, “Il mondo senza di noi”; ed è un titolo che in un certo senso racchiude in una formula efficace il senso più profondo del lavoro di Goiris. Nelle sue immagini, l’assenza di esseri umani, l’atmosfera sospesa e ambigua – sono fotografie scattate per lo più all’alba o al tramonto, quando la luce è più incerta – danno l’impressione di vedere un pianeta disabitato, nel quale l’uomo non ha ancora messo piede, o dal quale è scomparso. Negli scatti in cui invece compaiono presenze umane, queste ultime sono isolate in mezzo a un paesaggio indifferente: sembrano naufraghi o coloni, sopravvissuti o pionieri. (Oppure enigmatici profeti dell’apocalisse, come nella serie che si intitola, appunto, “Prophet”). 
L’artista usa una macchina di grande formato e pellicole speciali (ortocromatiche, da ripresa aerea, con una sensibilità spettrale che arriva all’infrarosso). Ricorre a tecniche insolite, come quella di sottoesporre l’immagine in modo da simulare una ripresa notturna. E predilige esposizioni di lunga durata, che considera finestre aperte al caso e all’imprevisto: malgrado l’accurata preparazione dello scatto, nel tempo della ripresa (che può anche superare i dieci minuti) qualunque cosa può accadere. 
La personale di Goiris giunge dopo molte altre mostre da voi realizzate in collaborazione con Banca di Bologna. Possiamo ripercorrerle brevemente?
«”Terraforming Fantasies” è la quarta mostra promossa da Banca di Bologna a Palazzo de’ Toschi in occasione di Arte Fiera. Ciascuno dei progetti ha avuto caratteristiche proprie: abbiamo aperto la programmazione (che al principio non era pensata come tale: non sapevamo ancora che ci sarebbero stati degli sviluppi ulteriori) con un’ambiziosa collettiva di venti artisti internazionali, “La Camera”, che rifletteva sul versante ‘plastico’ della fotografia, sul suo rapporto con la materialità e dunque, in senso lato, con la scultura. A partire dall’anno successivo, si sono susseguite tre mostre personali, tutte affidate ad artisti stranieri al loro debutto solista in Italia. Nel 2017 Peter Buggenhout ha installato nello spazio del Salone una scultura gigantesca, apice della sua ricerca sui materiali abietti (polvere, rifiuti) e su una forma capace di emulare la complessità del reale. Nel gennaio del 2018 è stata la volta di Erin Shirreff, artista newyorkese che ha proposto una proiezione video su scala cinematografica (un’animazione che ricreava in studio, con mezzi relativamente poveri, il fenomeno di un’eclissi di sole) e, nella stanza attigua al Salone, una grande installazione scultorea che riverberava il silenzio e l’immobilità delle nature morte di Morandi. Quest’anno, con Geert Goiris, la fotografia torna protagonista, anche se in termini e modalità completamente diverse rispetto alla prima volta. Crediamo che un aspetto interessante di questa serie di mostre risieda nel modo in cui gli artisti si sono confrontati con lo spazio – uno spazio, per inciso, particolarmente difficile da gestire in termini di allestimento, perché nato con finalità diverse. Lo spettatore che abbia visitato tutte le mostre a Palazzo De’ Toschi avrà probabilmente avuto la sensazione di trovarsi ogni anno di fronte, non solo a un artista diverso, ma a uno spazio diverso: il Salone è stato di volta in volta illuminato a giorno e oscurato del tutto, lasciato a vista e occultato, riempito fin quasi alla saturazione e svuotato. A Banca di Bologna va riconosciuto il merito di averci sempre dato completa fiducia in questo senso, anche quando si è trattato di adottare soluzioni estreme; ad esempio, quella di smontare completamente una delle finestre del Salone, alte circa cinque metri, per permettere al braccio di una gru di far entrare nell’edificio, un pezzo dopo l’altro, l’opera di Peter Buggenhout. Una disponibilità non comune, così come non comune è stata la scelta della Banca di sostenere un programma esigente, rigoroso, senza compromessi. Siamo convinti che questa scelta non verrà meno con i cambiamenti che inevitabilmente ci saranno a partire dal prossimo anno, data l’impossibilità di conciliare la curatela di Palazzo De’ Toschi con la direzione di Arte Fiera». (Silvia Conta)
Geert Goiris
Terraforming Fantasies
a cura di Simone Menegoi e Barbara Meneghel
Dal 29 gennaio al 24 febbraio 2019
Salone Banca di Bologna – Palazzo De’ Toschi
Piazza Minghetti 4/D, Bologna
Opening: 29 gennaio 2018, ore 18.30

Orari di apertura durante ART CITY:
mercoledì 30 gennaio e giovedì 31 gennaio: dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 17
venerdì 1 febbraio: dalle 10 alle 20
sabato 2 febbraio: dalle 10 alle 24
domenica 3 febbraio: dalle 10 alle 20

Orari di apertura ordinari: giovedì e venerdì dalle 15 alle 19, sabato e domenica dalle 11 alle 18 (lunedì, martedì e mercoledì chiuso)
Info: eventi.bancadibologna.it/goiris/it/la-mostra/

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