23 febbraio 2018

Il Mare Nero nella Casa Vuota. A Roma, Massimo Ruiu ricorda le vittime dei naufragi

 

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«In un mare profondo nuoto, non c’è luce che filtri, non c’è anima viva che l’attraversi. Nuoto senza sosta, i miei grandi occhi spalancati verso il mondo sommerso guardano le vittime dei naufragi, ne sono testimone inerme. Di loro intravedo i visi, le espressioni e i pensieri che gelosamente custodirò». Questo è stato il mio primo pensiero dopo essermi immersa nel “Mare Nero” di Massimo Ruiu, a cura di Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo, presso Casa Vuota, ambiente domestico trasformato in spazio espositivo, in via Maia, a Roma
Un luogo immaginario, quello dell’artista, che si dispiega sotto e sopra le onde che increspano il mare, soggetto fondamentale nella sua ricerca artistica. Onde che muovono acque protagoniste di viaggi, miti e leggende, di buone e di cattive novelle. Onde che bagnano spiagge vive e depongono con dolcezza i corpi esanimi, onde che hanno molto da raccontare proprio come una vecchia radio che cerca inutilmente delle frequenze ormai scomparse, lasciando dietro di sé un lieve ronzio che si propaga come un lamento, riempiendo l’intera stanza. Un dialogo che, sottovoce, parla allo spettatore di pensieri e di intenzioni, quelli che affiorano nei momenti di paura, che irrompono nella nostra mente e che trapelano dai nostri occhi quando sappiamo di non avere più niente da perdere. I pesci, soggetti predominanti della mostra, sono testimoni inermi e fedeli custodi di segreti. Identità perse nella marea, memorie consumate dall’acqua salata che non vedranno mai la luce del sole. 
Un «mare nero della memoria», proprio come scrive Del Re, nel quale attingere con timore e dove, se si ascolta bene, si possono ancora sentire «gli echi affidati alle parole mute dei pesci». Un approccio toccante, che inonda le stanze di Casa Vuota, un luogo denso di storia propria ma che al contempo si anima accogliendo artisti dalle varie e ampie visioni. (Valentina Muzi)

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