11 agosto 2017

Passione, pittura, e riscatto

 
Due collezioni s’incontrano per non dimenticare che l’arte è un bene comune. E che la bellezza del nostro Paese sopravvive al sisma

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Nella suggestiva piazza Mercato di Domodossola, incastonata tra altre architetture storiche, si impone Casa De Rodis: un edificio del 1400, restaurato per volontà della Famiglia Poscio dallo studio di architettura di Roberto Rosmarini di Milano. In questo contenitore straordinario di storia, memoria e identità con soffitti a cassettoni, pavimenti in pietra e in legno, travi e altri dettagli recuperati secondo un restauro conservativo filologico da manuale, si trova la raffinata mostra “Tra Guercino e De Nittis. Due collezioni si incontrano” a cura di Stefano Papetti (direttore della rete museale e dei Musei Civici ascolani) e lo storico Antonio D’Amico. 
L’esposizione è stata ideata per non dimenticare Ascoli Piceno e le aree del centro Italia devastate dal sisma del 2016, attraverso una quarantina di opere dal Seicento al Novecento, frutto dell’unione felice delle collezioni di Antonio Ceci (1854-1920), medico-scienziato di Ascoli, precursore della chirurgia moderna, e di Alessandro Poscio (1928- 2013), ingegnerie di Domodossola, appassionato con la moglie Paola (attuale “vestale” con la figlia Stella di Casa de Rodis), della pittura a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, in particolare di Valle Vigezzo e di Carlo Fornara. Due uomini di epoche, formazione ed esperienze diverse, che attraverso la comune passione dell’arte s’incontrano in questa occasione per la prima volta con l’obiettivo di sostenere con la vendita del catalogo il restauro di una preziosa pala d’altare Madonna in trono con i Santi Sebastiano e Caterina di Pietro Allamanno del XV secolo, salvata dalla chiesa di San Silvestro ai Sassi di Ascoli polverizzata dal sisma.  
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Giuseppe Pellizza da Volpedo, Passeggiata amorosa, Olio su tela diam. cm 100 Ascoli Piceno, Pinacoteca Civica
A Casa De Rodis, dopo la mostra “Carlo Fornara e il ritratto vigezzino. Prospettiva e confronti”, questa seconda raccolta di opere dei due collezionisti che non si sono conosciuti in vita, seppure in modo diverso punta a rinsaldare l’identità artistica del territorio dal Nord al Centro Italia, sottoponendo allo spettatore un viaggio metaforico nel tempo e nello spazio della pittura, attraverso dipinti di aree geografiche diverse, che costituisco una ideale mappatura della bellezza del paesaggio italiano. 
Vi accoglie all’entrata del percorso espositivo un dolcissimo Ritratto di signora (1909) di Giacomo Grosso, che raffigura la figlia Cristina dal viso pallido e l’espressione soave, ammantata in un abito dalle molteplici sfumature di rosa e voile color lilla-grigio, stile Paul Poiret, in posa con un mazzo di rose: è un dipinto che celebra i fasti della borghesia protagonista della Belle Époque proveniente della Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno, come molte opere esposte al primo piano della Casa De Rodis. Tra le altre spicca di Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino (1591-1666), l’imperdibile foglio acquarellato Sacra Famiglia (1630 circa), dal robusto chiaroscuro che rappresenta San Giuseppe al lavoro con una tavola tra le mani e la Vergine Maria mentre gioca con un uccellino legato a un filo con Gesù Bambino: una scena affettiva di straordinaria tenerezza ed efficacia compositiva che conferma il suo riconosciuto talento nel dosare contrasti di luce e di ombra. Proviene da Ascoli Piceno anche il piccolo dipinto di Alessandro Magnasco (1667-1749) detto il “Lissandrino”, Eremita penitente (1720 circa), una figura dal calligrafismo muscolare e sinuoso insieme immersa in un paesaggio naturale dalla tinte fosche, dall’atmosfera sinistra, dominante ridotta a cornice con pennellate nervose, vibranti, dall’energia ipnotica. La Collezione Poscio vale una trasferta a Domodossola per scoprire il piccolo dipinto su cartone Valle Appeninica (1864), di un giovane Giuseppe De Nittis (1846-1884): convince una veduta en plein-air del paesaggio iscritto nella linea dell’orizzonte e illuminato da un cielo rosato attraversato da nuvole strette e lunghe nei pressi di Cava dei Tirreni, di un maestro del colore e della composizione formale che poi conquistò anche Parigi. Si fa notare anche Paesaggio a Morestel nel Delfinato (1880 circa) di Antonio Fontanesi (1818-1882): dipinto dalla pennellata vorticosa, spessa e materica come espressione di un naturalismo emotivo, dalla profondità spaziale intensa, data dall’equilibrio di zone d’ombra e di luce, rispecchia non un paesaggio reale ma psicologico. 
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Alessandro Magnasco, San Gerolamo penitente, Olio su tela cm 90 x 75 Ascoli Piceno, Pinacoteca Civica
Questa appagante carrellata di vedute paesaggistiche, il tema fondamentale della mostra, prosegue nei piani successivi con una sfilata di ritratti e disegni di nudi. Incuriosisce un piccolo e raffinato olio su tavola, intitolato Il Libricino delle preghiere (1880 circa), di Gioacchino Toma (1836-1891), acquistato da Alessandro Poscio in occasione di uno dei suoi viaggi a Roma, che ritrae due giovani suore sedute su una panca dissolta in una macchia di colore scuro, mentre recitano le preghiere, in cui una sembra assorta dalla lettura, mentre l’altra portandosi le mani verso il viso con i gomiti poggianti sulle gambe. Chissà…forse più che meditare sembra dubitare sulla sua vocazione vera o presunta. Ma come i buoni film allo spettatore spetta la soluzione di una scena sospesa di un rebus psicologico configurato con tonalità diafane e dettagli non finiti, dissolti in una composizione formale equilibrata e in bilico tra dimensione onirica e realtà. 
Jacqueline Ceresoli 

In home page: Telemaco Signorini, Stradina a Settignano
In alto: Carlo Fornara, Sole d’ottobre

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