26 febbraio 2015

L’arte dello shopping

 
Manie di collezionismo sempre più estese, ispirate all'arte e al patrimonio, ma che dimenticano per esempio di entrare nelle vere gallerie o nei musei. Sono i “culture shopper”, ritratto di tre generazioni appassionate di “bello". E decisamente un po' confusi

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La ricerca è stata condotta da Found! per lo store online Bloost, su un campione di 1200 italiani tra i 18 e i 60 anni, e analizzata da Wired. Uno spettro ampio di consumatori, ma non a caso: parliamo dei clienti della cultura, categoria che in questo caso viene designata con il nome di “Culture shopper”. Chi sono? Quanto spendono? Ma soprattutto, dove? 
Già, perché lo spettro della cultura da comprare è ampio, e in questo caso sembra valere qualcosa come 66 miliardi all’anno, anche se secondo Federculture questa cifra sarebbe scesa di 5 miliardi dal 2012 a oggi. 
Sono, in tutti i modi, un bel mucchietto di incassi per un settore però di cui sembrano non fare più parte gallerie d’arte e musei: i consumatori della cultura non diventano collezionisti, né tantomeno comprano nei bookshoop dei musei, ammesso che si possa trovare qualcosa di buono per la propria soddisfazione personale. 
Sono, insomma, un secondo mercato, una nicchia che sente di “appartenere” ad un mondo designato di bellezza e stile attraverso una serie di surrogati commerciali. 
Direte poco male, e in effetti quando si parla di spettacoli d’autore o ingressi a istituzioni male non fa a nessuno: il problema arriva quando, e ormai accade da tempo, il feticcio si scambia per l’opera, il poster per il dipinto, il multiplo per il “pezzo”. Nozioni basilari, che invece tradiscono il “sentiment” di chi compra ispirato, come spiega il sociologo Saro Trovato, creatore di Bloost, «dalla cultura, che considerano un aspetto fondamentale della loro vita e che ne condiziona ogni tipo di scelta quotidiana, perfino quelle legate agli acquisti di tutti i giorni». 
E così, sulle pagine di questo sito, potrete scegliere low price “prodotti culturali esclusivi legati all’arte e alla letteratura”. Praticamente la differenza che intercorre tra artista e creativo o, per dirla alla Gino De Dominicis, tra “creativo” e “creatore”.
“Rendi la cultura protagonista della tua vita”, “Riempi la tua casa di accessori in grado di trasmettere cultura ed eleganza”; sono solo un paio di claim che invitano a cliccare su sofà e libri dalla copertina rigida, finto-antichi, su cataloghi Skira “per rivivere la magia delle grandi mostre”, su orologi, borse per laptop e ovviamente prodotti per il disegno.
C’è tutto, insomma. Mancano solo la vera cultura, e l’arte. Che sia un misunderstanding del pensiero degli acquirenti? Probabile, anche se le statistiche parlano di una clientela in larga maggioranza laureata e giovanissima, tra i 18 e i 29 anni di età.
E forse, il problema, sta anche un po’ qui: è decisamente facile immaginare come si sceglie un oggetto: per status e per quello che ricorda. Poco c’è di davvero originale come la vera esperienza, che farebbe sì che invece di affidarsi a prodotti in serie, magari si cercasse di investire in qualcosa che abbia più a che fare con l’originale, anche se più costoso, per esempio entrando in una fiera d’arte. Si ha l’impressione che tutto questo grande amore per la cultura che “condiziona” la vita non sia che una piacevole facciata con cui farsi vanto con amici meno trendy, o per gareggiare con loro alla corsa all’acquisto dell’ultima meraviglia da 9,90 euro. Idealmente il biglietto di un ingresso al museo, ma “godendosi” la casa. Anche perché, nonostante quel che dice Franceschini, le statistiche in questo caso parlando di un 8 per cento in meno di ingressi. Eppure l’arte, di nuovo, è bell’è democratica, e per tutti! Convinti voi. 

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