13 giugno 2019

A suon di Ali. Il volo di Alice Schivardi, per la performance sulla spiaggia di Torre Flavia

 

di

«Cosa unisce il granchio con l’aragosta, l’orchidea con la primula e tutti e quattro con me? E me con voi?». Questa la riflessione da cui Alice Schivardi, sulle orme di Gregory Bateson, si è mossa per sviluppare l’opera performativa e video A suon di Ali, svoltasi domenica, 26 maggio, presso il Monumento Naturale Palude di Torre Flavia. L’evento è stato organizzato dall’associazione artQ13 di Roma, all’interno del progetto Sympatric Areas, il cui scopo è la valorizzazione dell’oasi naturale, sita sul litorale tra Ladispoli e Cerveteri, attraverso l’intervento site-specific di diversi artisti contemporanei che dialoghino con la realtà ecologica e faunistica del luogo. 
L’opera di Schivardi ha visto la collaborazione dell’artista di strada Claudio Montuori nelle vesti di “uomo-uccello” e degli ornitologi che operano nella riserva, al cui fianco l’artista comasca ha osservato e studiato in prima persona il comportamento dei volatili. Sposandolo a un tema molto caro alla sua ricerca: l’indagine delle interconnessioni possibili tra esseri umani e mondo animale, in questo caso con le specie ornitiche, per carpirne i rituali e rievocarne la portata divinatoria. 
A suon di Ali è dedicata in particolare al fratino, un piccolo uccello che nidifica tra le sabbie di Torre Flavia e che oggi è a rischio estinzione, a causa delle speculazioni edilizie che, in passato, hanno coinvolto l’area e degli interessi economici che vi gravitano attorno. Per esempio, la recente vicenda del Jova Beach Party annullato all’ultimo momento, grazie alla mobilitazione dei residenti. 
Alice Schivardi sceglie dunque di manifestare riconoscenza per lo spazio naturale di Torre Flavia attraverso una performance quasi tribale che riproduce gli atteggiamenti del corteggiamento del fratino, in una danza a due sulla spiaggia con il collega Montuori, specializzato nella riproduzione dei suoni degli uccelli tramite la voce e strumenti musicali creati ad hoc. L’artista, vestendo un abito-scultura da lei stessa cucito per l’occasione, ha voluto calarsi a pieno nei panni del luogo per creare un legame indissolubile con lo spazio e con le persone presenti, quasi una simbiosi. Che per la Schivardi diventa anche occasione di catarsi autobiografica, un’indagine delle proprie paure nascoste per trovare il coraggio di mettersi in gioco e di prendere, appunto, il volo. 
Con A suon di Ali, l’artista comasca porta volontariamente la comunicazione dell’arte al livello zero, decodificabile anche dai bambini (presenti), intrecciando la performance al proprio tessuto personale ma superando l’ego e trovandovi una chiave di comunicazione che riesce ad aprire una breccia. Quella che ci permette di connetterci con lei, e lei con noi, e tutti insieme con l’universo. (Alice Bortolazzo)

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui