22 febbraio 2019

La nuova collezione di design, al MAC di Lissone

 

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Partire dal patrimonio di un museo e coglierne i nuclei di sviluppo potenziale tra collezioni, identità dell’istituzione e vocazioni territoriali: è l’operazione che ha realizzato Alberto Zanchetta sviluppando e incrementando fortemente la collezione di design del MAC di Lissone, con icone della storia del design, esemplari unici e prototipi per oltre un centinaio di pezzi, a cui si aggiungono più di trecento disegni tecnici e una raccolta di materiali inerenti il visual design. Da questa sera la mostra “Guardare la Luna, non il dito” presenta al pubblico la nuova collezione che, originatasi da un corpus di disegni tecnici, è stata recentemente incrementata attraverso contatti diretti con i designer e con aziende tra le più rinomate del settore, che hanno destinato i loro oggetti al museo lissonese. «Benché la raccolta di design del MAC sembrasse inarrivabile, proprio come la Luna, – spiega il museo nel comunicato stampa – oggi si è finalmente avverato il sogno di una collezione destinata a consolidarsi sempre più».
«Dagli inizi del Duemila – prosegue il comunicato – le raccolte museali hanno continuato a documentare il divenire delle arti visive, ma è solo dal 2007 che la programmazione del MAC si rivolge al mondo del design, istituendo un premio biennale per i giovani progettisti. Malgrado la manifestazione si inserisca in un tessuto di ricerca e di sviluppo appartenente alla tradizione lissonese, soltanto dieci anni dopo è stato possibile costituire il primo nucleo della neonata collezione, che in breve tempo si è ampliata considerevolmente».
Abbiamo posto alcune domande sulla nuova collezione ad Alberto Zanchetta, direttore del MAC di Lissone.
Con “Guardare la Luna, non il dito” il MAC di Lissone presenta una collezione completamente nuova per il museo, interamente dedicata al design, da te concepita e costruita nel corso dei tuoi sette anni alla direzione del museo. Da dove è nata l’ispirazione o l’esigenza di dare vita a questa nuova collezione?
«Il Museo d’Arte Contemporanea di Lissone è stato fondato nel 2000 per accogliere la collezione dello storico Premio Lissone, ma negli ultimi vent’anni molte cose sono cambiate. Anziché limitare la programmazione alle arti visive, il MAC si è aperto ad altre discipline, in particolare al design e all’architettura. Scelta, questa, pertinente alla realtà del territorio, fortemente legata alla filiera del design-arredo. Lissone è una cittadina rinomata per l’artigianato e l’industria mobiliera, ragion per cui era inevitabile potesse e dovesse pregiarsi di avere una collezione di design. Grazie al sostegno dell’Amministrazione comunale, negli scorsi anni si è iniziato a inventariare una serie di oggetti e di progetti che languivano negli archivi e nei depositi di Lissone, dando così vita al primo nucleo della raccolta, che negli ultimi mesi si è considerevolmente arricchita». 
Quali designer e quali pezzi hai portato in collezione? In base a quali criteri li hai scelti e come hai reperito i pezzi? 
«Il titolo della mostra, “Guardare la Luna”, è evocativo di un sogno che si sta avverando. Si tratta di un sogno collettivo, condiviso dal Museo e dai designer, dalle aziende e dai donatori privati, i quali si sono prodigati nel dare vita a una collezione che ancora mancava. Attualmente non è ancora possibile stimare il numero esatto degli oggetti o degli altri materiali destinati al patrimonio museale, ipotizziamo però di aver raggiunto le quattrocento unità. Allo stato attuale, la collezione è molto eterogenea perché volevamo soddisfare – innanzitutto – le prurigini del sapere, della tecnica e dell’estetica; vi figurano alcune delle immancabili icone del design, ma ci sono anche prototipi o pezzi unici, oltre a una serie di oggetti molto curiosi anche se meno noti.  Alquanto singolari sono, ad esempio, la sedia “Rememberme” di Juretzek, la “Croce INRI” di Iacchetti, il “RosAria” di JoeVelluto, il “Segavento” di Livio e Piero Castiglioni e il “Componibile Smile” di Castelli Ferrieri rivisitato da Fabio Novembre. Possediamo diverse opere di Mendini, Fronzoni, Botta, De Lucchi, Duranti e Luraschi. Tra i nomi più altisonanti vale la pena citare Sottsass, Eisenman, Venturi, Graves, Colombo, Sambonet, Magistretti, Cook, La Pietra, Superstudio, Aulenti, Gehry, Sapper, ma non meno importanti sono i designer delle ultime generazioni, è il caso di Damiani, Guixé, Faccin, Sironi, Zambelli, Zieta. Né poteva mancare un nucleo riservato al visual design, tra cui spiccano le firme di Nizzoli, Confalonieri, Grignani, Lupi, Martin, Sonnoli, Des Signes e Designwork». 
Che legame c’è tra la collezione d’arte del MAC e quella di design? In che modo dialogheranno?
«La collezione di design non si pone in antitesi ma in modo complementare alle raccolte d’arte, così come accadeva nel secolo scorso, quando le storiche “Settimane Lissonesi” sancivano un florido connubio tra il Premio Lissone per la Pittura, la Selettiva artigiana e la Mostra del Mobile. Riscoprendo e rivitalizzando il passato, il MAC e l’Amministrazione lissonese intendono così tornare a essere un centro nevralgico, della cultura e della produzione».
La collezione permanente di design troverà fissa dimora nel museo?
«L’arricchimento e la diversificazione del patrimonio museale è il primo tassello di un progetto ben più ambizioso, che forse potrà concretizzarsi negli anni a venire. Oltre alla volontà di organizzare molte più mostre dedicate alle nostre collezioni di design, nutriamo la speranza di poter dare vita a un distretto specialistico, ormai inevitabile e necessario qui a Lissone, affinché si riesca a instaurare un “circuito virtuoso” tra il MAC, la Biblioteca del Mobile, il Palazzo Terragni e altre sedi che potrebbero, forse, ospitare in modo permanente questo nuovo patrimonio collettivo». 
Questa sera inaugurano altri tre progetti espositivi. Ce ne puoi parlare brevemente? Puoi darci qualche anticipazione sulla programmazione dei prossimi mesi?
«”Come il casco per i kamikaze” è una mostra che coinvolge Ivan Baj, Gianluca Codeghini, Alberto Gianfreda, Christian Gonzebach, Suzanne Kutter, Alberto Mugnaini, Marcello Panza, Andrea Salvatori e Alessandro Zambelli; artisti e designers hanno accettato di esporre dei vasi vuoti che in apparenza sono inutili(zzati), alla maniera del casco indossato dai kamikaze… “The golden path” è un inedito – e mi sento di aggiungere anche “eroico” – progetto di Simone Bergantini, che per la prima volta si è cimentato nella realizzazione di sculture. Concepito alla stregua di un percorso di fitness, “The golden path” impone al fruitore un esercizio d’attenzione e concentrazione, rivolgendosi alle virtù della mente anziché a quelle del corpo. Infine, siamo onorati di ospitare la personale di Wolfram Ullrich, concepita come una piccola antologica che raccoglie opere dagli anni Novanta e agli anni Duemila. È sorprendente come le incongruenze prospettiche delle sue opere siano riuscite a ridefinire gli spazi museali e impongano allo spettatore di cambiare continuamente il punto di vista». (Silvia Conta) 
“Guardare la Luna, non il dito. 
Mostra delle icone del design e presentazione della nuova collezione permanente 
concepita e curata da Alberto Zanchetta” 
Dal 24 febbraio al 21 aprile 2019
M A C – Museo d’Arte Contemporanea 
Viale Elisa Ancona 6, Lissone (MB)
Opening: 23 febbraio 2019, alle ore 18
Orari: mercoledì e venerdì dalle 10 alle 13, giovedì dalle 16 alle 23, sabato e domenica dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 19 (lunedì e martedì chiuso)
www.comune.lissone.mb.it/museo-arte-contemporanea, museo@comune.lissone.mb.it

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