12 novembre 2018

Dorothy Circus Gallery mette radici a Londra

 
Ancora aria d’Italia oltremanica. Intervista ad Alexandra Mazzanti in occasione dell’apertura della sua nuova galleria londinese

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Hai aperto ormai da oltre 1 anno la sede londinese della galleria. Un bilancio della tua attività oltremanica?
«Abbiamo inaugurato la temporary gallery per il nostro decimo anniversario. E sicuramente arrivare qui con un nome alle spalle è stato un vantaggio. La gran parte della nostra clientela è internazionale e ci hanno seguito anche in questa avventura». 
Sei specializzata in un filone molto particolare dell’arte contemporanea, vale a dire il lowbrow e il surrealismo pop. Qual è il profilo del vostro collezionista che compra a Londra?
«Come accade per la Dorothy Circus Gallery (DCG) di Roma, anche qui sono i nostri collezionisti internazionali ad acquistare, essendo spesso già in waiting list per le nuove opere degli artisti in programmazione in entrambe le gallerie. Il collezionista di Pop Surrealism in realtà non appartiene a una categoria tipo. Ciò che li accomuna è sicuramente un’estetica raffinata ricca di riferimenti culturali, una passione per l’arredamento di charme che definirei di gusto seduttivo, un animo incline all’investigazione psicologica e una visione della vita romantica e openminded. A Londra abbiamo avuto, di particolarmente divertente, tante vendite al telefono e regali last minute per celebrazioni romantiche».
Hai iniziato a Londra con una temporary gallery. Ora invece hai deciso di investire in una sede permanente. Dove si troverà e cosa puoi anticiparci di questo nuovo spazio?
«Abbiamo vissuto per quasi un anno l’affascinante atmosfera di Notting Hill per poi spostarci in Marble Arch. Per la precisione nel Connaught Village, un delizioso quartiere di negozi di nicchia nel quale ogni attività è curata in accordo con il Landlord allo scopo di rendere ogni visita speciale e originale. Questa zona di Londra sembra mantenere un’autenticità che è, ai miei occhi, sempre più rara in capitali come questa che tendono a una esasperata omologazione commerciale. Ci troviamo a due passi da Hide Park che, per chi vive la città e il suo traffico, è sempre una buona scusa per una boccata d’aria pulita. E, comunque, siamo a tre minuti dalla stazione di Paddington. Passeggiando si arriva nel centro più turistico in 5 minuti, a breve distanza da tutte le attrazioni più rinomate e dalle eccellenze top di Mayfair. Il nostro spazio è un coup de coeur, le vetrine anni ’20 di Connaught Street sono tra le più deliziose della città. E per la nostra sede permanente ho voluto condividere lo stesso mood onirico della sede di Roma mantenendo una scenografia evocativa. Le pareti sono anche qui di velluto, ma la scelta cromatica per Londra resta il Sarce Bleu, il colore caro agli impressionisti che, pertanto, mi piace associare alle rivoluzionarie avanguardie a cui dedico interamente la mia ricerca. Ci sarà anche un tocco di acquamarine per gli spazi concept store e privée». 
Partecipi anche ad alcune fiere in Italia e all’estero. Si vende più in fiera o in galleria?
«Dipende molto dalle fiere. Ci sono fiere più vivaci in cui i collezionisti sono particolarmente appassionati e fiere il cui il pubblico è più mondano e meno concentrato sull’arte. Noi abbiamo spesso mostre interamente sold out. Non ho, tuttavia, mai visto le fiere come opportunità particolare di vendita, ma come occasione di presentazione di una visione e di un’idea curatoriale in un nuovo contesto e per nuovo pubblico. 
Hai qualche preoccupazione per la Brexit e per i suoi possibili effetti sul mercato dell’arte in Inghilterra?
«Vivo in Inghilterra con la mia famiglia. Quindi sono preoccupata più per l’effetto che potrà avere per noi residenti stranieri che sul mercato dell’arte. La sede londinese per me è una seconda vetrina internazionale e Londra sarà sempre una destinazione turistica top. Brexit o no». 
Quali sono i prossimi progetti espositivi tra Londra e Roma?
«Appena assicurata la nuova sede, in vista di una lunga permanenza su Londra, mi sono sbizzarrita con la programmazione delle mostre per le due gallerie. Il ciclo di mostre programmate, al quale ho dato il titolo “Turning Page”, va da oggi fino alla fine del 2019. In alcuni casi, come per la prossima mostra di SETH, con la quale inaugureremo la sede londinese, l’artista esporrà contemporaneamente in entrambe le sedi, offrendo ai nostri spettatori un simbolico viaggio da Roma a Londra, e viceversa. Altre mostre saranno, invece, in esclusiva per ciascuna città. L’iraniana Afarin Sajedi avrà il suo debutto oltremanica, mentre sia il russo Andrey Remnev, sia l’icona pop surrealista Brandi Milne, saranno presentati esclusivamente a Roma. In schedule anche i duo show che apriranno contemporaneamente: l’incontro di due artisti che dialogheranno in un face to face sia romano che inglese. Tra questi, lo street artist Millo che esordirà insieme alla giapponese Hikari Shimoda il prossimo giugno. La ciliegina sulla torta sarà il group show di più di 30 artisti internazionali dal titolo “Mother & Child”, icona di maternità, femminilità e infanzia nella società contemporanea».
Come immagini la tua azienda da qui ai prossimi venti anni?
«Sogno di avere almeno altre due sedi, Parigi, Lisbona e Tokyo. Per una di queste città ho nel cassetto un concept speciale che terrò segreto, altrimenti non si realizzerà».
Quali sono gli artisti emergenti su cui hai intenzione di puntare?
«Gli artisti asiatici, in particolare i giapponesi, perché sono particolarmente originali e tecnicamente eccezionali, e dei miei artisti italiani, come Alessia Iannetti per la sua poetica unica e raffinata e Paolo Pedroni, che ha già avuto un grande successo di pubblico inglese durante la nostra temporary gallery di Notting Hill».
Come è organizzata la tua galleria? 
«Entrambe le gallerie hanno una sala espositiva principale, dove vengono esposte le opere della mostra in corso, e una sala dedicata ai nostri artisti rappresentati. Le gallerie hanno anche un bookshop dove, oltre alle limited edition, gli art-books e le art collectibles, da un anno comprendono anche una sezione chiamata “Six Senses”. Il concept del “Six Senses” nasce con l’idea di rafforzare il percorso espositivo attraverso un’esperienza multi sensoriale che coinvolge non solo i cinque sensi, ma anche il sesto, la percezione. Il profumo è l’elemento principe di questo percorso per il quale abbiamo selezionato le collaborazioni con il maestro profumiere Lorenzo Dante Ferro e Maria Candida Gentile. da noi in esclusiva a Londra. Profumi, dipinti, sapori e suoni alla Dorothy Circus Gallery si fondono in un’inedita esplorazione percettiva che accompagna lo spettatore». 
Quali consigli daresti al legislatore italiano per rilanciare il mercato dell’arte in Italia?
«In Italia i regolamenti fiscali e le pratiche burocratiche sono complicate, farraginose, obsolete, e contraddittorie. Pertanto, richiedono una preparazione talmente specifica che sono pochissimi i consulenti in grado di fornire una corretta assistenza. La semplificazione delle procedure riguardanti l’importazione, così come una razionalizzazione dei regolamenti che semplifichino la gestione contabile e una revisione delle normative applicata alle esigenze di un mercato in evoluzione, sarebbero sicuramente necessarie per non scoraggiare i nuovi imprenditori del settore e per non perdere i galleristi che resistono in Italia (già in notevole calo e sempre più proiettati a espatriare per non chiudere). In aggiunta, credo che si debba tenere conto che le gallerie private a entrata libera offrono un’esperienza culturale gratuita al pubblico, così come ai turisti. Sarebbero, quindi, opportune delle agevolazioni fiscali e una collaborazione nella comunicazione degli eventi da parte della pubblica amministrazione. A cominciare dagli enti territoriali». (Cesare Biasini Selvaggi)
In alto: Alexandra Mazzanti, foto di Chiara Kurtovic

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