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Saliamo lungo le ripide rampe della pista di collaudo del Lingotto, che si avvitano verso l’alto in cerchi concentrici di asfalto nero e pastoso. Quando finalmente raggiungiamo l’esterno, lo svettante grattacielo della Regione Piemonte è un po’ più vicino e anche la grafia frastagliata e candida delle Alpi sembra a portata di prospettiva. Sul tetto della pista, sulla schiena di questa architettura rigida e funzionale, l’aria è fredda e nitida. Decine di persone percorrono in silenzio i circa 50 metri che separano le due lunghe balaustre, andando avanti e indietro per 60 minuti in questo spazio ben definito che, improvvisamente, sembra territorio sacro. L’opera che Hamish Fulton ha presentato per Artissima è qui, si compie in questo momento e in questa porzione di contesto ed è tutta, cioè completa e perfetta, leggera e potente poesia. Le persone ripetono gli identici pochi metri per un’ora, ognuno con le proprie peculiarità, con differenze di postura e atteggiamento che, a questo punto, si notano come un preziosismo, una firma. Il sottofondo della città segue i ritmi del primo pomeriggio e quasi scompare tra il ticchettio cadenzato dei passi monotoni e concentrati in questo esiguo viaggio ma poi la soglia si amplia dolcemente, fino al richiamo misterioso e fatale delle montagne e anche oltre, verso ciò che non si può più vedere, nemmeno sfumando in lontananza. E poi un respiro, di nuovo in prossimità, il vento, le ombre che si muovono al nostro fianco. E non c’è bisogno d’altro. (MFS)