27 settembre 2018

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L’importanza di rileggere una tecnica passata “sottotraccia” in un libro di “punti” pittorici e storici, e tanti filamenti
di Carmelo Cipriani

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“Non può esistere pittura senza divisionismo” affermava nel 1910 Umberto Boccioni nel Manifesto tecnico della pittura futurista. Un’asserzione che è tecnica ma è anche identitaria, che individua nel divisionismo il contributo migliore dell’arte italiana alla pittura contemporanea. Ignazio Gadaleta (Molfetta, 1958), pittore e docente dell’Accademia di Belle Arti di Brera, già autore di altri volumi incentrati sul colore, prova a ricostruire questa sottaciuta linea della pittura italiana riconoscendone il segno distintivo nel filamento degli artisti nostrani, rispetto al puntino di Seurat e Signac. Una linea assai articolata che, includendo soluzioni sia astratte che figurative, conduce dalle prime prove divisioniste di Gaetano Previati e Giovanni Segantini alle più recenti ricerche di Federico Pietrella (Roma, 1973), Patrick Tabarelli (Villafranca di Verona, 1979) ed Elias Bertoldo (Schio, 1994), dimostrando che vi è un’assoluta continuità nella struttura stessa della pittura che parte dai macchiaioli, dagli scapigliati e dai realisti napoletani e arriva ai giorni nostri. 
Il volume “Punti e filamenti di colore nella pittura italiana dal Divisionismo a oggi” (Silvana Editoriale, 2018, 208 pagine) ripercorre il tracciato divisionista prendendo le mosse dai maestri storici: oltre ai già menzionati Previati e Segantini, anche Plinio Nomellini, Giuseppe Pellizza da Volpedo e Angelo Morbelli. L’analisi prosegue con i capolavori futuristi di Giacomo Balla, Umberto Boccioni e Gino Severini per poi passare in rassegna tutte le migliori esperienze informali e spazialiste, da Lucio Fontana ad Enrico Castellani, da Tancredi Parmeggiani a Carla Accardi, da Antonio Sanfilippo a Marco Gastini, da Piero Dorazio a Irma Black, passando naturalmente per lo stesso Gadaleta che è figura centrale per comprendere punto di partenza e finalità del lavoro. Il libro nasce infatti da una duplice necessità dell’autore e tiene conto del suo doppio impegno professionale di artista e docente. Da un lato vi è il bisogno di approfondire la tecnica che gli è propria, dandole al contempo un solido substrato storico-critico, dall’altro quello tutto didattico di spiegare meglio l’evoluzione della pittura italiana. 
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Antonio Sanfilippo, Superficie 45 C 63, 1963
Un anno di intenso lavoro di ricerca condotto per musei e biblioteche, alla ricerca di cataloghi ma soprattutto di opere da analizzare, fotografare, studiare. Ciascun dipinto è fotografato e riprodotto nel dettaglio così da poterne meglio apprezzare la texture, individuare il filamento e spiegarne visivamente oltre che teoricamente l’inserimento nel volume. “Non si tratta solo di un itinerario memoriale – scrive l’autore nella premessa – è un diario di bordo di innumerevoli visite nei musei, nelle gallerie, nelle collezioni pubbliche e private. Le connessioni emozionali attivate sono esperite da un artista che guarda l’opera di altri artisti”. Se ne trae un fondamentale insegnamento metodologico: l’importanza della presa diretta, del contatto con l’opera contro i tanti, anche esperti, che scrivono d’arte limitandosi a guardare le sole immagini delle opere più che le opere stesse. 
Non solo dipinti ma anche postulati teorici. Gadaleta riconosce nella linea teoretica Chevreul-Feneon-Grubicy-Seurat l’asse cardinale della pittura divisionista, senza tuttavia mancare di riconoscere alla pittura italiana una sua specificità, una sua precisa identità tecnica ed estetica. “C’è una linea di continuità ed evoluzione nella pittura italiana del Novecento (e anche del Duemila) che ha come sorgente le definizioni linguistiche del divisionismo italiano”. Questo l’incipit del testo che centra l’argomento fin dalle prime battute, rivelando subito oggetto e finalità del volume. Il libro analizza la genesi della pittura divisionista dalla fase per così dire “intuitiva” a quella della consapevolezza, fino al superamento di quella stessa realtà che volevano indagare, quando la parcellizzazione pittorica non è più mezzo di ricostruzione retinica ma strumento di astrazione. Nella struttura interna al testo storico-critico segue un’ampia sequenza di sguardi ravvicinati, presentati “in successione storica volutamente non esaustiva e rigorosa”, che offrono un esame particellare della materia pittorica e del segno, quest’ultimo rivelato nelle sue molteplici e proteiformi soluzioni. Un volume non di storia dell’arte ma di pittura, redatto da un pittore per altri pittori (e non solo), in cui al corretto e documentato racconto degli avvenimenti si avvicendano suggerimenti tecnici volti a meglio interpretare colore e luce, quest’ultima, come sosteneva Previati, da non confondersi con la “bianchezza”.
Non è poi così usuale che gli artisti abbiano anche propensioni teoriche, tuttavia quando lo fanno si rivelano argute considerazioni, il più delle volte scritte a supporto della loro personale ricerca. Ignazio Gadaleta ha saputo farlo una volta di più con intelligenza e competenza rivolgendo a colleghi e semplici lettori un invito a vedere la struttura della pittura, a recuperare il piacere della visione e della scoperta, a riconoscere il puro valore estetico della tela dipinta, oltre ogni altra implicazione simbolica, sociale o economica. Un piacere spesso dimenticato ma insopprimibile, pronto a stupirci non appena qualcuno riesce ad aprirci gli occhi.
Carmelo Cipriani
Punti e filamenti di colore nella pittura italiana dal Divisionismo a oggi
Autore: Ignazio Gadaleta
Formato: 16,5 x 24
Pagine: 208
N. illustrazioni: 140
Anno pubblicazione: 2018
ISBN/EAN:9788836639410
Prezzo: 25 Euro

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