13 settembre 2018

L’età di Balthus a Basilea

 

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Chiudendo i battenti della mostra Bacon Giacometti la Fondation Beyeler di Basilea ne inaugura un’altra dedicata questa a Balthasar Kossowski de Rola (1908–2001), meglio conosciuto col nome di Balthus
Nella presentazione inaugurale Sam Keller, Raphaël Bouvier e Michiko Kono hanno evidenziato che la mostra sintetizza le tappe del suo percorso artistico, lungo e molto personale, svoltosi controcorrente rispetto alle tendenze dominanti delle avanguardie a lui contemporanee, fra Francia Germania Italia e Svizzera. E proprio sottolineare il legame con i luoghi che aveva scelto per vivere e lavorare è uno degli obiettivi della scelta delle opere proposte. Place de l’Odéon, una delle sue prime opere dipinta a Parigi nel 1928 a vent’anni, mostra una sorprendente capacità di ribaltare la logica della visione dello spazio urbano. Preferisce cogliere uno scorcio del colonnato del teatro, nulla della monumentale facciata e della sua piazza, e l’esprit della città viene reso dal movimento di lavoratori, quasi figuranti, come nelle contemporanee viste del Luxembourg o del quai Malaquais.
Decisamente fittizia diventa invece la scenografia urbana de La caserne del 1933 nella quale volteggiano strani giannizzeri da circo. Anche ne La rue (nella versione del 1933 del MOMA di New York già vista alla mostra “Derain, Balthus, Giacometti – Une amitié artistique a Parigi”) come nella grande tela, Passage du Commerce-Saint-André, 1952/1954 (di una collezione privata, in comodato alla Fondation Beyeler) lo spazio urbano si trasforma in una quinta teatrale animata di personaggi dai gesti e movimenti un po’ misteriosi.  Ne La fenêtre cour de Rohan del 1951 lo spazio interno vuoto predomina sullo scorcio del cortile esterno aldilà della finestra mentre ne La peur des fantômes 1933/62 i tetti si intravedono in un’altra finestra coperti da una giovanetta procace appoggiata al davanzale. I due temi della sua opera, oggetti, piani, decori e figure e personaggi così si compongono per dare vita al mondo affascinante e sconcertante dei suoi soggetti che da sempre suscitano contrasti e polemiche. Soggetti/oggetti che ritrae dagli inizi negli anni trenta fino agli anni novanta: fra queste la sua amata modella Thérèse del Metropolitan e le tenere adolescenti in pose languide e abiti abilmente discinti, ne Le Chat au miroir  o La jupe blanche di collezioni private.
Le sue opere, sia tenere che perturbanti, mescolano in modo irripetibile sogno e realtà, erotismo e innocenza, obiettività e mistero, così come il quotidiano e l’eccentrico. Non per caso Les Enfants Blanchard  del 1937 fu comprato nel 1941 dal suo amico Pablo Picasso. Ed è tra l’altro sul sistema di relazioni di questo astruso e colto personaggio che Setsuko Kossowska de Rola, l’artista nipponica seconda moglie dagli anni sessanta e vedova di Balthus ha fornito un interessante contributo nell’intervista rilasciata a conclusione della presentazione. Dell’amicizia con Picasso, Derain, Mirò, del profondo sodalizio  intellettuale con Giacometti, dell’intesa con il musicista Yehudi Menuhin e del lavoro svolto a Villa Medici a Roma di cui fu direttore nominato da De Gaulle fino al 1977. Lì la conobbe come modella della singolare tela La chambre turque nel 1962, che quasi fotografa l’ambiente esotico del palazzo romano animandolo con quella nuda Venere orientale che pur tanto più giovane presto sposò. 
La mostra, il cui allestimento è affidato alle differenti colorazioni delle pareti di sfondo nella sempre strabiliante architettura di Renzo Piano, forse non risulta esaustiva ma la cinquantina di opere esposte, di cui molte altrimenti difficilmente visibili, certamente allargano la prospettive di lettura di una figura che distante dalla modernità si è spinto a creare una sua personale avanguardia, quasi postmoderna, oggi forse più facile da cogliere. (Giancarlo Ferulano)

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