10 agosto 2018

La necessaria tensione. La personale di Federica Perazzoli alla galleria massimodeluca

 

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Nella pulizia e nella sintesi architettonica dei loft di Via Torino, dove ha trovato spazio la Galleria massimodeluca di Mestre, il vuoto viene saturato dall’ intervento installativo coraggioso e perentorio di Federica Perazzoli. Nell’anno della Biennale Architettura curata da Yvonne Farrell e Shelley McNamara, il “freespace” che loro stesse evocano come spazio dell’incontro – architettura del bisogno come loro stesse affermano – il progetto espositivo della Perazzoli diventa la materializzazione di uno spazio intimo dell’incontro, un luogo in cui viene accolto lo spettatore nell’intercapedine emotiva che si crea tra il ricordo che una bambina ha del padre, e il tentativo di colmarne l’assenza. 
I volumi della galleria per Mas que nada disegnano un netto contrasto: da un lato una prima sala alta e spoglia di soli due quadri – dalle proporzioni antitetiche – dall’altro un luogo pienissimo, riempito quasi all’estremo da oggetti della memoria, un’esplosione di interiorità che finisce per catturare lo spettatore che ci si immerge. 
“Non che sia davvero accogliente questo spazio, anzi: è stipato di oggetti che limitano gli spostamenti – spiega il curatore Giorgio Verzotti – due panche e un grande tavolo apparecchiato con stoviglie sporche “à la Spoerri”, pareti quasi completamente ricoperte di fotografie e ritagli di giornale, frasi scritte a mano in francese, una chitarra, le luminarie di Natale appese alle pareti, una vasca da bagno, tante grandi foglie di palma secche. Insomma una specie di Merzbau, fatto di legno, lamiera ondulata, cartone”.
E la musica, che acuisce il senso di appropriazione che il luogo fa agire sullo spettatore, invasore cercato di uno scrigno intimo in cui si percepisce il senso di vuoto per l’assenza dei protagonisti di cui si sono affastellate le tracce. 
Il vuoto è uno degli elementi presenti nei quadri della Perazzoli, in netto contrasto con il pieno di oggetti delle installazioni. Se nel primo caso esseri vegetali, umani e animali sembrano immersi in dimensioni pre-architettoniche, prive di incidenza umana, la resa installativa del suo pensiero appare come uno straccio conficcato tra le fessure di un termosifone, la necessità di cancellare ogni rarefazione per rendere ancora più evidente la mancanza di quegli essere vivi che, pure stentorei nel loro apparire, diventano l’essenza stessa delle sue tele. 
La mostra presso la Galleria massimodeluca evidenzia legami e contrasti tra i due linguaggi esponendo due tele libere di dimensioni opposte, come se fossero due lenti di un cannocchiale che mettono a fuoco una natura morta dell’anima. Il due è il numero minimo per creare una relazione, quella di cui si racconta la perdita e il conseguente valore, le parentesi tra cui racchiudere rimandi e contrappunti in grado di far percepire la necessaria tensione. 
La mostra Mas que nada sarà ancora visibile alla Galleria massimodeluca dopo la pausa estiva, dall’1 al 15 settembre 2018. (Penzo + Fiore)

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