04 agosto 2018

Biennale, tiro al bersaglio

 

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Che cosa pensano i direttori delle ex Biennali della Biennale? Dipende. E come va costruita una Biennale? Ci deve essere solo un direttore o anche una squadra curatoriale? E bisogna creare “parallelismi” con altri luoghi o bisogna essere autarchici?
Questo, in poche parole, il succo di un articolo pubblicato su Art Agency, che fa un giro di opinioni, raccogliendo il buono e il cattivo pensiero.
Se da un lato Carolyn Christov Bakargiev (ex Biennale di Istanbul 2015, e Documenta 2012 con la quale aveva fatto un gemellaggio con Kabul) si schiera a favore delle ibridazioni e cita un possibile modello di visione tra Biennale di Shanghai e Yokohama Triennale, in Giappone, proprio per mettere a fuoco il conflitto storico che esiste tra nipponici e cinesi, secondo Francesco Bonami “Il modello biennale è stantio, se non morto”. L’ex direttore artistico della Biennale di Venezia 2003, non usa buone parole per lo show che Ralph Rugoff avrà il compito di dirigere nel 2019, mentre quest’ultimo rivela che avrebbe voluto invitare 100 artisti a Venezia e averli in residenza per mesi, ma l’idea si è dimostrata proibitivamente costosa. Peccato davvero. Un altro ex direttore di Venezia, ancora italiano, Massimiliano Gioni, difende invece le mostre “tentacolari”, affermando: “Sono stanco dello sport internazionale del “dagli alla biennale”. 
Uno studio di ricercatori dell’Università di Zurigo ad oggi ha contato qualcosa come 316 biennali in totale nel mondo, quintuplicate dagli anni ’80, quando se ne contavano circa 50.

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