24 luglio 2018

Quel Casino Palermo in via Alloro 129

 
In via Alloro 129, nel cuore della Kalsa del capoluogo siciliano, si è trasferita per due mesi Viasaterna, galleria milanese che prende il nome dalla strada immaginaria descritta da Dino Buzzati nel suo Poema a fumetti (1969)

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È una città esuberante, frammentaria, dai tracciati zigrinati e incostanti, è pullulante Palermo e popolata di case in cui storie e narrazioni secolari si avvicendano. Fantasmatiche presenze nei palazzi un tempo nobiliari, spesso irrimediabilmente danneggiati dai bombardamenti che nel ’43 sancirono dall’alto le sorti di certi quartieri. Porta con sé i retaggi di un mondo epico via Alloro, una delle strade quasi interamente mutilate dalle “Fortezze Volanti”, che oggi diventa uno dei tragitti segnati dall’arte contemporanea entro l’area del centro storico cittadino. 
Ad arricchire la serrata struttura viaria dell’antico quartiere islamico, ad ampliarne la toponomastica, arriva una nuova arteria che porta con sé suggestioni sognanti, evocazioni romanzate e senza tempo. In via Alloro 129 si è trasferita infatti per due mesi Viasaterna, galleria milanese che prende il nome dalla strada immaginaria descritta da Dino Buzzati nel suo Poema a fumetti (1969). Anche a Palermo l’immagine di quella villa abbandonata che sorgeva nella città vecchia, si rinnova, calandosi in una delle aree storiche più significative, assorbendone i connotati, perdendosi nei recessi di un luogo controverso, sempre in bilico tra decadenza e splendore, tra storici crepuscoli e rinnovati arbori. Questi gli immaginari che anche il superstite palazzo di via Alloro evoca, tra maioliche, soffitti affrescati e un grande salone, nel quale un divano rosso raccoglie in un ampio e curvilineo abbraccio artisti, passanti, visitatori, curiosi e appassionati d’arte.
“Casino Palermo” è un progetto inedito, sperimentale e inclusivo, un modo per avvicinarsi in punta di piedi a Palermo, riportandone in vita uno degli edifici, ma permettendo alla città stessa di palesarsi agli occhi, alla conoscenza, alla sensibilità di ognuno degli otto artisti ospitati (uno per settimana) in residenza. Così lo spazio inizialmente spoglio si è progressivamente popolato delle visioni degli artisti, attivando la riemersione di significati e valenze locali veicolate da sguardi neofiti (Oli Bonzanigo e Guido Guidi completeranno nelle prossime settimane questo mosaico).
Alessandro Calabrese racconta Palermo attraverso l’attenta osservazione della città, un’esplorazione che segue le direttrici del racconto, a volte aneddotico. Così muovendosi, traduce storie indagate o sentite in enunciati, ridisegna una memoria cittadina che assume la forma di sentenze, di frasi pungenti, affermazioni che un autoctono coglie pienamente rintracciandone le origini in una memoria condivisa. I suoi aforismi diventano un metodo di lettura della città segnato dall’impossibilità di riassemblare citazioni dotate di autonomia espressiva. Da queste nasce una costellazione di pensieri e asserzioni, una guida evocativa della città consultabile sui grandi post-it che abitano i muri di Viasaterna, battistrada conoscitivo per gli artisti che seguiranno. 
Dal Giappone arriva Takashi Homma che rivive dall’interno di una camera oscura la caleidoscopica entropia coloristica, architettonica e sonora di Palermo. La luce è filtro, eccipiente gnoseologico di una realtà eccentrica che si risolve nella bicromia bianco-nera delle fotografie ottenute con una tecnica antica. La cupola della Chiesa del Carmine Maggiore, fotografata, disegnata, capovolta, restituisce un’arcaica dimensione di bellezza trasognata, che è cifra della contradditoria identità della città. 
Sullo spazio di via Alloro, già così animato, lavora Teresa Giannico, fotografandone i dettagli architettonici, le opere già presenti e ogni elemento, per rassembrarlo tridimensionalmente in piccola scala attraverso diorami di carta. La ricreazione miniaturistica dell’ambiente funziona dentro l’obiettivo, ma è la stampa in grande formato a mascherare una parete della galleria, rifondando lo spazio alla luce di una prosecuzione della sua presenza dentro e oltre il reale. 
A poche settimane dalla celebrazione del sentitissimo Festino, Martina Corà vota invece la sua permanenza a Santa Rosalia, intraprendendo e filmando un solitario cammino verso il santuario di Monte Pellegrino. Nella sede palermitana di Viasaterna il personale carro dell’artista e una parete diventano supporto visivo per la proiezione del suo percorso, immagini di una processione intima che, nel frammentarsi, subiscono una ridefinizione interna e soggettiva. La finestra video dischiusa da Martina Corà apre un varco, uno scarto, crea uno slittamento di angolazione nel punto di vista da cui l’artista guarda e reinterpreta la cittadina dimensione cultuale.
La devozione processionale che anima le settimane iniziali di luglio torna nel lavoro di Theo Drebbel, che ne indaga la secolare storia attraverso lo studio iconografico dei carri di tradizione manieristica e barocca. Una compagine fastosa di carri sfilanti sovrintende le dioramiche processioni composte dall’artista: miniature che riportano il sacro ad un residuo sensibile, epistemologia di micro-presenze simboliche che vivono nella ridotta scala in cui ogni elemento, inserito all’interno di composizioni, diventa funzione grammaticale di un assoluto.
Esiste un ordine materiale e uno simbolico, che governano inestricabili il tessuto umano e allegorico di Palermo. Questa mutua coesistenza emerge nell’installazione di Ramak Fazel. Una stanza arredata, reificazione di una familiare vicenda palermitana, incornicia l’asimmetria dei singoli oggetti ed elementi architettonici presenti, rivelando l’esistenza latente e silenziosa di relazioni, anomalie, squilibri che la fotografia attiva nel momento stesso del suo scatto. Alle pareti una selezione di foto fatte a Palermo da Fazel nel 2017 per il progetto Absolutely Everything, realizzato insieme a Giorgio Vasta per Humboldt Books (presentato in anteprima nella sede di Viasaterna). 
Così Viasaterna diventa un casino, abbracciandone i possibili significati lessicali. È luogo di incontro, una di quelle case signorili in campagna dove trovare riposo che, persa la destinazione rurale, si amalgama nel tessuto urbano, interpretandolo veramente. Ma è casino soprattutto nella capacità di attivare una riemersione di questa città e non la sua sola rappresentazione, innescando un confronto tra artisti, stimolando le espressive potenzialità sperimentali di linguaggi eterogenei. Tutto riflesso di uno stato di moltitudine di cui Palermo vive. Questo groviglio di voci e parole esuberanti, l’architettura composita, il fascino barocco e popolare di questa nuova capitale della cultura, il carattere inclusivo e meticcio sono in fin dei conti la sua stessa panacea, rimedio mitologico di ogni male. (Giuseppina Vara)

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