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Gian Marco Montesano (Torino, 1949) è noto che spesso compia incursioni pittoriche dietro e davanti le quinte della danza e del teatro. E in questa occasione non è da meno. Torna, infatti, da questa sera sul luogo di tanti “delitti”, ovvero da quel di Pio Monti, questa volta con un olio su tela di 100×150 centimetri, datato 2018, che campisce l’armoniosa esuberanza fisica di Roberto Bolle, l’étoile del Teatro alla Scala di Milano e il principal dancer dell’American Ballet Theatre di New York.
Lo spazio dove si svolge l’azione, così come negli altri dipinti, è il sipario di un teatro, aperto ogni volta su una fitta foresta di rimandi e sottesi. Elementi sviluppati sotto lo sguardo familiare e immaginario dell’artista e il lento incedere della sua mano, a recitare un copione dove risuonano gli intimi echi della memoria di un’epopea personale, trasferiti nella dimensione del presente e ricostruiti attraverso i frammenti di un composito dipinto. L’artista sembra lavorare come immerso nel sonno e, soprattutto, in un silenzio mentale che favorisce un’alterazione delle ragioni, un loro corto circuito di cui l’opera rende frequentemente la forza con l’emergere dei segni dei timori, dei ricordi e dei desideri. Le opere di Montesano, tuttavia, si guardano bene dall’evolversi seguendo le suggestioni della libertà disarticolata dei surrealisti. La loro struttura narrativa, lungi da ogni automatismo di impronta magrittiana, è solidamente presente come avviene nelle icone dell’Est e nelle pitture di Giotto come di Piero della Francesca. Tutti prototipi cari alla sua memoria stilistica e alla sua capacità di adozione di natura e storia, organicità e memoria, avanguardia e tradizione, figurazione e astrazione. Il cromatismo primario del blu, che rasenta la monotonia tonale, assurge definitivamente al ruolo di co-protagonista nell’opera, anche laddove il segno recitativo assume un’irruente fisicità, tale da arrivare a essere quasi un corpo autonomo dalla superficie. Si genera così un armonioso e dinamico contrappunto, fra scenografia cromatica e segno recitante. Ogni scarto linguistico e ogni sussulto compositivo che sviluppa la narrazione non fa altro, pertanto, che accentuare il senso evocativo e psicoattivo dell’immagine e lo sforzo conoscitivo del racconto. Pennellata dopo pennellata, in un ancestrale rito, al quale partecipano, di volta in volta, volti allucinati, figure fantasmatiche anche di presenze reali, in carne e ossa. Come il nostro Roberto Bolle. (Cesare Biasini Selvaggi)
INFO
Opening: ore 18.00
Gian Marco Montesano. “Roberto Bolle a Roma”
dal 19 al 31 luglio 2018
PIOMONTI artecontemporanea
Piazza Mattei 18, Roma
orari: dal lunedì al sabato, 15.00-20.00
permariemonti@gmail.com – 06 68210744