10 marzo 2018

L’arte dell’accantonare a Forlì

 
Si inaugura questo pomeriggio a Forlì, alla Galleria Marcolini, una raffinata e originale collettiva incentrata, tra archivi involontari, interni logori e oggetti desueti, sull’estetica dell’accantonare

di

La pratica dell’accumulare non è nuova all’arte contemporanea. Dagli stracci della celebre “Venere” di Michelangelo Pistoletto, alle caramelle di alcuni “Untitled” di Felix Gonzales-Torres, fino ai crackers della “Cracker lounge” di Sora Kim.La mostra che si inaugura questo pomeriggio a Forlì, alla Galleria Marcolini, è una prima verifica compiuta proprio sull’estetica dell’accumulare anzi, meglio, dell’accantonare. Attraverso archivi involontari, interni logori e oggetti desueti che vanno a comporre la consunta ontologia del “Mottenwelt” (che dà il nome all’esposizione odierna), il “mondo di tarme” citato da Goethe nel Faust. Ed evocato, quasi fossero degli sciamani, dagli artisti convitati al progetto: Luca Caccioni, Barbara De Vivi, Silvia Giambrone, Mustafa Sabbagh, CJ Taylor. 
Così Silvia Giambrone (Agrigento, 1981), tra le più interessanti artiste emergenti nostrane, svolge paziente, rigorosa, la sua decostruzione di alcuni simboli identitari (il merletto, il letto/talamo, il servizio da tavola, l’ago e il filo, ecc.) in un meccanismo “poetico” che diviene coup de théâtre, essenziale alla costruzione dell’opera d’arte conferendo all’oggetto domestico prescelto funzioni diverse e incongrue, una nuova intenzione. Diventando la tabula rasa capace di condensare allusioni e rimandi, che spesso trovano l’incipit nei titoli. Lo scopo è provocare nello spettatore un senso di denso straniamento, ma anche indurlo a guardare la realtà con “nuovi occhi”, anziché cercare nuove vie. Sotto questo punto di vista, l’anti-lessico famigliare ordito da Giambrone è anche una ricerca di assoluto.”La bellezza fa male, non è rassicurante, ferisce. La banalità rassicura”. È questa una delle affermazioni più note di Mustafa Sabbagh (Amman, 1961), che racchiude tutto il senso della sua poetica. Che si appalesa nella sua unica opera presente nella mostra forlivese, i suoi fiori morti ma ostinati nel profumare, quanto avanza da un ricordo reale, da un’umanità che ha archiviato sé stessa e vive infelice e, finalmente apolide, in una dimensione post-umana.Frammenti del “pictorial archive” di Luca Caccioni (Bologna, 1962) compongono un altro memoriale identitario con oggetti sfocati a cui si aggiungono una grande “Onicophagia” e una “Lotophagia”, chiavi di un’anamnesi interiore attraverso cui l’artista fa emergere una costellazione di forme e strutture quasi archetipiche in vita grazie alla presenza rivelatrice della luce che sembra farle apparire dal nulla. In uno spazio fermo e senza tempo l’esperienza empirica umana “domestica” così si annulla e l’individuo è messo di fronte a prospettive nuove, volutamente destrutturate. Il percorso espositivo prosegue, infine, con Barbara De Vivi (Venezia, 1992) e CJ Taylor, tra rappresentazioni iconiche in cui accumuli di oggetti non più in uso e arredi desueti costituiscono un laboratorio famigliare senza tempo, e stramberie inclassificabili per descrivere, per immagini, il paradosso dell’inclassificabilità e dell’inesistenza. Paradosso preso in considerazione e portato all’arte nelle sue caratteristiche di fragilità e deperibilità. (Cesare Biasini Selvaggi)
In alto: Silvia Giambrone, Testiere, 2015. corrosione su zinco, inchiostro, 40×30 cm, courtesy dell’artista e Studio Stefania Miscetti
In homepage: Silvia Giambrone, Made in Italy, 2012, #5, rilievo in gesso dimensioni variabili, courtesy dell’artista e Studio Stefania Miscetti
INFO
Opening: ore 18.00
Mottenwelt I. Luca Caccioni | Barbara De Vivi | Silvia Giambrone | Mustafa Sabbagh | CJ Taylor
dal 10 marzo al 28 aprile 2018 
Galleria Marcolini
via Francesco Marcolini 25/A, Forlì
www.galleriamarcolini.it

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui