13 febbraio 2018

Da Singapore a Hyderabad

 
Alla ricerca dell'arte del sud est asiatico, in rotta verso l'India, con una guida d'eccezione: la fondatrice del progetto internazionale “Artport_making waves”, Anne-Marie Melster, che dal 2006 si occupa attraverso l'arte di sensibilizzare intorno alle questioni ambientali, ai cambiamenti climatici, collegando contemporaneo, scienza e politica con l'obiettivo ispirare un cambiamento sociale

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La scena d’arte contemporanea di Singapore viene considerata piuttosto tranquilla, ma personalmente ho avuto il privilegio di visitare la città, dal 21 al 27 gennaio, per The Current Convening #3 Tabu / Tapu – Who Owns the Ocean? organizzato dall’NTU Center for Contemporary Art in collaborazione con la TBA21 Academy, in occasione di Art Stage Singapore, per scoprire opere e conoscere professionisti del settore con una visione sociale e politica attuale, nonostante le restrizioni imposte dal sistema governativo. 
In giro ho ovviamente visitato i musei locali, come la National Gallery, che ospita un’installazione di Rirkrit Tiravanija, l’ArtScience Museum, con una mostra sulla street art, il Singapore Art Museum che in occasione di “Cinerama” presenta un’interessante video installazione di Korakrit Arunanondchai e Alex Gvojic. La TBA21-Academy, diretta da Ute Meta Bauer, ha riunito insieme un numero considerevole di artisti, scrittori, curatori, scienziati e attivisti fortemente impegnati, provenienti da tutto il mondo: SUPERFLEX (Danimarca), collettivo che condurrà la prossima spedizione insieme alla  curatrice Chus Martínez, Lisa Rave (Berlino), Valérie Portefaix (Francia/Hong Kong), i MAP Office, Lucy e Jorge Orta, il duo argentino – brasiliano proveniente da Parigi, Andrew Foran capo dell’IUCN – Pacific Centre for Environmental Governance (Australia/Fiji), il fotografo e filmmaker Armin Linke (Italia/Germania), Maureen Penjueli e Joey Tau, rispettivamente coordinatrice e responsabile della comunicazione del PANG – Pacific Network on Globalisation (Fiji), tra gli altri.
Il dibattito si è concentrato in maniera particolare sull’obiettivo, il risultato e i punti critici di questo ciclo di viaggi (durante gli incontri è stato proposto di trasformare la parola spedizione in viaggi) nei paesi insulari del Pacifico, finalizzati ad aumentare la consapevolezza degli effetti del cambiamento climatico nelle comunità locali. 
È stato un incontro impegnato e anche stimolante, che ha sollevato alcune importanti domande a proposito del conflitto ambientale, degli approcci colonialisti indesiderati e su come si può migliorare il processo per trovare soluzioni globali. L’impostazione delle tavole rotonde è stata perfettamente organizzata assieme a Gillman Barracks, una caserma militare britannica con parco annesso che qualche anno fa è stata convertita in un cluster d’arte contemporanea [che ospita gallerie, ristoranti e anche e il Centro per l’arte contemporanea (CCA) NTU Singapore], sebbene recentemente stia perdendo il suo interesse per gli stakeholders internazionali. Gli eventi sono stati accuratamente costruiti e curati, un pomeriggio, anche il Ministro dell’Ambiente di Singapore si è unito al pubblico che partecipava agli incontri. 
L’Art Stage Singapore art fair è stata allestita in un contest urbano completamente diverso rispetto a quello di Gillman Barracks: il Marina Bay Sands Expo and Convention Center, parte dell’ultra moderno centro commerciale, con l’hotel e l’ArtScience Museum, che si trova proprio lì accanto, di proprietà del Las Vegas Sands, un gruppo che possiede una delle più importante catene di Hotel-Casinò del mondo.
La fiera (con i direttori e fondatori Lorenzo e Maria Elena Rudolf) mira a far conoscere al pubblico gli artisti locali e le loro gallerie, per supportare la creazione del collezionismo locale. Abbastanza piccola, si può facilmente vedere tutto in un paio d’ore. Forse, dato che la scena di collezionisti privati a Singapore è ancora ristretta, l’offerta dell’arte cosiddetta “impegnata” è abbastanza limitata, mentre sono favoriti lavori decorativi o grandi nomi, come Anish Kapoor. Ma non mancano gli artisti emergenti, come l’indonesiano Anang Saptoto che ha stretto un rapporto con gli artigiani del suo paese per esporre i loro lavori (piastrelle, tappeti a foglia di giacinto acquatico, etc.) accanto alle sue fotografie. Molti di questi artigiani sono persone diversamente abili; l’obiettivo di Saptoto è quello di utilizzare un lavoro socialmente impegnato per aumentare la consapevolezza dell’esistenza di diverse questioni sociali presenti nel suo paese d’origine e per supportare le imprese nella lotta alla sopravvivenza nel mondo globalizzato. 
Arrivare a Hyderabad (India) per l’Hyderabad Literary Festival, seconda fermata del nostro progetto ARTPORT_GOOD FOOD INDIA, supportato dal Goethe Center Hyderabad, è stato un altro shock culturale. Caos, rumore, sporcizia e confusione linguistica. La cordialità delle persone e l’impegno locale dell’HLF però, fa da giusto contrappeso. Non i musei internazionali come quelli d’arte contemporanea a cui siamo abituati, ma finora è stata una settimana piena di contrasti e stimoli. Il prossimo round sarà col Bangladesh e Dhaka Art Summit, un giorno a Calcutta e ultimo ma non per importanza, il viaggio a Delhi per l’India Art Fair.
Anne-Marie Melster

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