08 dicembre 2017

BODW/4. A lezione da tre grandi architetti: Massimiliano Fuksas, Jacques Herzog e Michele De Lucchi

 

di

Nella vera e propria cerimonia di apertura di “Business of Design Week” il saluto è all’Italia, Paese partner di questa 16esima edizione, con la quale Hong Kong festeggia i primi dieci anni di collaborazione. E il primo ospite sul palco della prima Sessione Plenaria, non poteva che essere un ambasciatore del progetto italiano nel mondo: l’energico Massimiliano Fuksas
Appeal da showman, l’architetto travolge il pubblico per quasi un’ora, mostrando progetti vecchi e nuovi e rimarcando come l’architettura sia una questione sociale. L’esempio principale di questa dimensione? Il Centro e Auditorium voluto dalla distilleria Nardini a Bassano del Grappa, inaugurato ormai più di dieci anni fa, che ha portato il balletto contemporaneo in un luogo lontanissimo dall’arte di oggi. Questa, secondo Fuksas, deve essere una delle tipicità dell’architettura: la capacità di avvicinare mondi, di integrarsi con l’amore degli abitanti per la propria città. E così passano via via in rassegna una moltitudine di icone per chi mastica un poco la materia, tra cui il Centro della Ferrari a Maranello, «Costruito con un costo di mille euro al metro quadrato, e progettato in tre mesi» dice Fuksas, così come la grande scala-scultura, realizzata nel 2009 per lo store di Giorgio Armani della Fifth Avenue a New York, arrivando alla Nuova Fiera di Milano e ai progetti romani, la discussa Nuvola dell’Eur e la cupola dell’Ex Palazzo dell’Unione Militare, a ridosso di piazza Navona, per chiudere con il nuovo aeroporto di Shenzhen, che da queste parti conoscono molto bene, visto che la città è situata a 50 chilometri da Hong Kong. In ogni caso, quel che viene evidenziato è la necessaria relazione tra gli spazi e la vita umana; la possibilità continua di reinterpretazione, la necessità di integrare il progetto con l’arte «Che costa sempre meno della politica» e alcune punzecchiature non vengono risparmiate allo spirito che appartiene anche un po’ a BODW, «Non parlate di strategie per quanto riguarda il progetto: usate la creatività e sarete più felici», e ancora «Il design è per frustrati: gli oggetti devono essere costruiti con l’amore». E tra l’amore che salverà il mondo, e che può essere aiutato dall’arte e viceversa, il finale un po’ utopico, un po’ “santone”, strappa applausi a non finire. 
Altro ospite, altro fascino: Jacques Herzog, dell’omonimo studio Herzog & De Meuron, a sua volta fa un excursus tra venues realizzate, per arrivare di filato a Hong Kong. Perché qui lo studio svizzero sarà artefice del nuovo M+, il museo di arte che sorgerà ad est dell’area di Kowloon e, poco più a nord, un complesso espositivo e di svago, nell’ex prigione e stazione di polizia denomiata Tai Kwun, aprendo una parte off-limits della città e collegando aree. Già, perché una delle parole chiave di Herzog è connections, intesa anche come rivitalizzazione di interi quartieri, con la possibilità di rendere le architetture attraversabili: è successo con la Tate, un tempo isolata dal resto di Londra, e succede in ogni architettura del gruppo. Succederà anche a M+, concepito come un parallelepipedo verticale sospeso su una stessa forma orizzontale e dotato di grandi terrazze e di un grande parco esterno, «Perché l’architettura deve occuparsi dell’umanità e l’umanità ha a che fare con l’aria, con la voglia di toccare i materiali, di condivisione. La vita non è nel digitale», afferma il mitico architetto che, come Fuksas, condivide la passione per i riflessi e le trasparenze. Ancora sulla concezione di M+: «L’edificio sarà completamente trasparente e ogni galleria, a ogni piano, sarà aperta e libera. Ci siamo ispirati letteralmente ai condomini popolari tipici di Hong Kong che per molti rappresentano una bruttura, ma dentro i quali si può osservare la vita che compone questa città». 
A chiudere le danze, la masterclass di Michele De Lucchi, che parte dagli albori del mondo per raccontare di un uomo-animale nato debole di natura ma con tre skills in più rispetto agli animali: l’immaginazione, la prensilità delle mani, caratteristica che ci ha permesso di costruire il mondo come lo conosciamo, e la capacità di stare in branchi composti da milioni di individui, le nostre metropoli. E cosa hanno permesso queste caratteristiche? Di essere gli unici a poter costruire oggetti, e dunque – appunto – a plasmare il mondo secondo la nostra immaginazione. Tutto il resto, dalla necessità di guardare al permanente per costruire il temporaneo, dalla visione della natura come ispirazione, all’idea della prospettiva non solamente come visione ma come ampliamento di orizzonte, appartiene al Maestro italiano che si definisce solamente un “Maker of objects”.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui