03 dicembre 2017

Storie di ordinaria follia. E ironia

 
La Beat Generation “Made in Chicago” denuncia l’altra faccia dell'America, grezza e primitiva, featuring Gelitin. In quattro nuove mostre alla Fondazione Prada di Milano

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Sesso, politica, carneficine, violenze, inutilità della guerra e altro ancora svelano l’altra faccia degli Stati Uniti, di una metropoli meno luccicante di New York, lontano anni luce dalle ricerche riduttive della Minimal art, e più “brutta, sporca e cattiva”: Chicago. 
La città del Modernismo architettonico (dal 1938 con Mies van der Rohe) , immortalata dai gangster-movie (anni Trenta) con un intero capitolo ancora sconosciuto dalla storiografia critica e dal grande pubblico della storia dell’arte americana che mette in luce due generazioni di artisti formatesi dagli anni ’50, si scopre a Milano.
La Fondazione Prada la racconta con l’ambizioso Progetto Chicago a cura di Germano Celant, che rientra nella strategica rilettura di movimenti storici dell’arte contemporanea poco indagati, suddiviso in tre mostre. Si inizia il tour nel cuore di una America scomoda con le mostre monografiche ospitate nelle gallerie nord e sud di Leon Golub, mentre al primo piano del podium c’è H.C Westermann, nello stesso edificio dove si trova “Famous. Artist from Chicago 1965-1975”, un approfondimento su quegli artisti, attivi tra gli anni sessanta e settanta, che ribaltavano le convenzioni tradizionali allestitive con soluzioni di forte impatto grafico. 
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Immagine della mostra “Famous Artists from Chicago. 1965-1975” Opere di Ed Flood, Art Green, Gladys Nilssone Karl Wirsum Fondazione Prada, Milano 20ottobre2017-15gennaio2018 FotoRoberto Marossi Courtesy Fondazione Prada

Ecco i “cattivi ragazzi” contro l’Espressionismo Astratto e Action Painting della New York School, riconoscibili per i contenuti tematici più brutali e politicamente scorretti dei loro dipinti e sculture, con declinazioni dalla grafica colorotassima e dichiaratamente pop.
Si consiglia di iniziare il tour immersivo alla scoperta della “non scuola” degli artisti di Chicago, dalla mostra monografica di Golub (Chicago,1922 – New York 2004), un artista “epico” per i contenuti impegnativi, politici, come nella serie “Mercenaries”, grandi tele che rappresentano scene cruente della guerra in Vietnam, e altre immagini tragiche della società degradata, efficaci nella stilizzazione delle figure, dalla forte componente espressionista delle vittime e dei carnefici ritratti nelle opere di grande formato, come fossero viste sullo schermo al cinematografo. La guerra, l’abuso di potere degli sbirri, la segregazione raziale, le torture e altre scene di “cattività” umana sono i soggetti indagati da Golub, con 22 tele in acrilico grattato con spatole (anni settanta-ottanta), affiancate da 50 foto su carta trasparente fotografica con soggetti laceranti, battaglie, torture di routine in guerra. Queste e altre scene di ordinaria follia di un’attualità sconvolgente dati i climi odierni che soffiano dall’Oriente intorno al terrorismo internazionale e delle minacce di guerra nucleare della Nord Corea, sono le protagoniste assolute. 
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Immagine della mostra “H. C. Westermann” Fondazione Prada, Milano 20ottobre2017-15gennaio2018 Foto Roberto Marossi Courtesy Fondazione Prada
Si prosegue il percorso espositivo al primo piano del podium, dove 53 sculture in legno, di grandi e piccole dimensioni, davvero esilaranti, e 20 opere su carta compongono il secondo capitolo del progetto espositivo, dedicato a Horace Clifford Westermann (Los Angeles ,1922 – Danbury, 1981), realizzate tra gli anni cinquanta e ottanta. La sua parata di improbabili marines sarebbero piaciute a Oskar Schlemmer (Stoccarda 1888 – Baden-Baden 1943), titolare dell’atelier di scultura nel Bauhaus (Weimer, 1919), la “casa del costruire” della cultura modernista soppressa dai nazisti nel 1933. Le sue sculture di automi surreali dalle forme antropomorfe sembrano replicanti del “Mago di Oz”, sfiorano la fantascienza e anticipano l’estetica robotica del nostro tempo, e sono fonte d’ispirazione dei linguaggi visivi contemporanei. Occhio ai dettagli compositivi della sua pratica di costruire “cose” strambe, come testimonianza di indiscutibile abilità artigianale di un autore indimenticabile. Westermann, in seguito all’esperienza dei marines nel Sud Pacifico in Corea, studia arti applicate alla scuola dell’Art Istitute e diventa un carpentiere, attività che gli permette di sviluppare il suo rifiuto del formalismo e la predilezione per l’uso di materiali di recupero, nell’arte di manipolare sagome policrome deformanti. 
Le sue sono sculture enigmatiche, misteriose, quasi “tometiche”, dotate di una aulica classicità formale, in cui umorismo, giochi di parole, riferimenti sessuali, fantasy e cultura militare si mescolano in un pastiche inatteso. 
Completa la panoramica sulla metropoli dell’Illinois, la mostra “Famous Artist from Chigago.1965-1975”, una collettiva di artisti ancora inediti in Europa, attiva appunto tra gli anni sessanta-settanta, con 133 opere tra dipinti e sculture che declinano diverse poetiche ispirate al Surrealismo e l’Art Brut di Jean Dubuffet, in versione diversamente pop. Opere caustiche antiaccademiche ispirate alla subcultura dei cartoonist che animano l’algido primo piano del podium della Fondazione. 
E qui domina un segno grafico dinamico e fluido, in cui tutto è colore, movimento e ironia, attraverso bizzarri personaggi, ritratti mentre mangiano, giocano, bevono, fanno sesso, si travestono. Queste e altre maschere sono inserite in scenari carichi di citazioni e riferimenti anche a Edward Hopper e Renè Magritte. 
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Immagine della mostra Slight Agitation 3/4: Gelitin Fondazione Prada, Milano 20ottobre2017-26 febbraio 2018 POKALYPSEA-APOKALYPSE-OKALYPSEAP Fumami, 2017 Foto Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti Courtesy Fondazione Prada

Seducono i “teatrini” di Edward Flood, una geniale parodia simbolica della società dei consumi, del mondo del reality show irradiato dallo schermo televisivo, guru della cultura di massa. Sono opere new pop arrabbiate, paranoiche, come quelle di Roger Brown, con i suoi oggetti di consumo che vengono trasformati in icone, come insegna Andy Wharol. Conquistano i graffit art victim le opere di Gladys Nilsson, dal segno fumettistico così come le immagini di Jim Nutt, quasi precursore di una “bad painting”, dal segno ruvido ma efficace nel messaggio. Inventa un universo caotico, liberatorio, sfacciato, Karl Wirsum, inquietante per grottesche sarcastiche in versione scultorea. Christina Ramberg, stempera l’atmosfera dissacrante, con opere che rivisitano in maniera originale scenari surrealisti, in bilico tra astrazione e figurazione, carichi di riferimenti psicologici, in cui tutto è sogno, immaginazione ed evasione dalla realtà. Il tour chez Prada si completa nella cisterna, dove stupore e provocazione cognitiva ed emotiva sono di casa, con la mostra Slight Agitation 3/4: Gelitin, terzo episodio del progetto espositivo ideato dal Thought Council (fino al 26 febbraio, 2018). Il collettivo austriaco attivo dal 1993, anarcoide e di matrice dada (composto da Wolfgang Gantner, Ali Janka, Florian Reither e Tobias Urban) in venti giorni ha realizzato tre opere site specific nei locali con l’intento di scardinare gli archetipi dell’architettura. Diverte la fontana intitolata sfacciatamente Arc de Triomphe (2003-17), una monumentale scultura di legno, acciaio e plastilina in omaggio all’arco romano con fontana zampillante che riproduce l’effige di un componente dei Gelitin, dal cui fallo gigante in erezione sgorga acqua sorgiva che finisce nella sua bocca, irriverente e goliardica. Il teatro dell’assurdo liberatorio continua con L’anfiteatro, una torre concepita a spirale, tipo teatro shakesperiano realizzata con assi in legno inchiodato, con scala a chiocciola, scricchiolante, da percorrere fino in cima più che da raccontare, con abitacolo incluso tipo fumoir, dove potete accendervi una sigaretta: una piccola provocazione, fumare dentro un luogo pubblico! Chiude l’immersione nelle nevrotiche e dissacranti ossessioni della nostra contraddittoria società, un colossale obelisco scavato in blocchi di polistirolo dalle prevedibili forme falliche.
Jacqueline Ceresoli

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