16 ottobre 2017

Grande vuoto. A Terni, inaugurata la nuova galleria di Chiara Ronchini. Ma le opere non arrivano

 

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“Ci scusiamo per il disagio”. E’ la scritta che campeggia all’interno della neonata galleria di Chiara Ronchini, la CRAC di Terni, sostituendo il “Grande nero Grande bianco” che titolava la mostra di apertura, inaugurata sabato 14 ottobre. Le scuse sono dovute all’impossibilità di esporre le opere, di provenienza berlinese e riunite (ma solo virtualmente, a quanto pare) dall’esposizione ternana. Si, perché la sfortuna ha voluto che il materiale realizzato in Germania e spedito in Italia dagli artisti per l’occasione, è rimasto bloccato tra i 150mila pacchi sotto sequestro presso gli stabilimenti Sda di diverse città italiane, a causa dallo sciopero dei facchini indetto dai Cobas. Come noto dalla cronaca locale, in effetti, molti dipendenti del corriere stanno protestando a causa di una cattiva organizzazione del lavoro e della forte precarietà dei contratti, procurando enormi disagi ai consumatori. Innescando un aspro conflitto tra i lavoratori stessi provocando violenti disordini per quella che viene definita “La guerra tra poveri”. 
Ma si tratta davvero di una mostra “quasi” mancata (in galleria, ci sono comunque cinque opere superstiti spedite a parte rispetto alle altre) o è soltanto una trovata commerciale, magari architettata dalla gallerista (ad arte, verrebbe da dire) per far parlare della nuova sede e dell’esposizione? È la domanda che si è posto più di qualcuno, tra i tanti visitatori accorsi per l’opening. Non può infatti sfuggire la forte attinenza tra i temi affrontati dalla mostra e la situazione di disagio annunciata. Tutte le opere degli artisti proposti – Simona Molino e Matteo Lucidi – fanno uso della pellicola da imballaggio, in una metafora del potere che il mercato ha sulla società contemporanea. Sempre più governata dagli acquisti online, dai trasferimenti di sede e da tutti gli altri motivi di “impacchettamento”. In un mondo in cui la soddisfazione di un bisogno materiale è strettamente collegata alla dipendenza del possesso; imballare e conservare come sinonimi di condizionare, influenzare, limitare la libertà d’azione. Inevitabile pensare a una trovata pubblicitaria, dunque. Invece è tutto vero. Altro che marketing. E a Terni è arrivata soltanto una parte della mostra, lasciando gallerista e artisti in balia degli eventi e alle prese con la grande decisione di rimandare o meno l’apertura. 
Ma alla fine ha vinto il coraggio, con gli artisti che sono intervenuti aggiungendo alle opere superstiti alcune suggestioni rappresentative del disagio vissuto dalla mostra (e dai lavoratori Sda). «Vista la forte attinenza di ciò che sta accadendo con il tema proposto, ritenevamo importante non rimandare la mostra ritenendo che modificarla, includendo la realtà dei fatti nel progetto, sia un valore aggiunto», hanno spiegato gli artisti. «Mettere in gioco il nostro disagio da consumatori dipendenti ci sembra interessante in quanto aggiunge un aspetto performativo al risultato finale. Per questo ringraziamo la gallerista Chiara Ronchini per il pieno appoggio alle modifiche in corso e ci scusiamo per il disagio». Il risultato, per ora, è piuttosto suggestivo e in grado di suscitare emozioni. Se siano più o meno forti rispetto a quelle che avrebbe potuto suscitare la mostra completa, impossibile dirlo, per ora. Bisognerà aspettare la consegna. Per un altro disagio ben noto ai consumatori di beni acquistati online. (Alessio Crisantemi)

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