14 settembre 2017

Il Brasile conservatore chiude “Queermuseum”

 
Gli abbiamo dedicato una rubrica, per ragionarci un po' su, ma in Brasile il "Queer" piace poco. E allora che si chiudano le mostre!

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All’inizio di agosto, il centro Santander Cultural a Porto Alegre, in Brasile, ha aperto una mostra sull’arte queer: 85 artisti e 263 opere che andavano dalla metà del XX secolo fino ad oggi, sotto il titolo di “Queermuseum: Queer Tactics Towards Non-Heteronormative Curation”, a cura di Gaudêncio Fidelis.
Si legge nel catalogo che si tratta di un’esposizione per mettere a fuoco “un concetto che crediamo caro: la diversità osservata sotto gli aspetti della varietà, della pluralità e della differenza”. Lygia Clark, Cândido Portinari e José Leonilson, accanto a giovani meno conosciuti, è stata la prima grande mostra dedicata all’arte queer in Brasile – fino a quando è stato chiusa, due giorni fa, un mese prima della sua data di fine prevista.
Perché? Perché il Santander Cultural, spazio sponsorizzato dalla  banca spagnola omonima, ha deciso di prendere questa misura dopo aver ricevuto un attacco di critiche al vetriolo sui social media e dai visitatori la scorsa settimana. La gente ha accusato la mostra d’essere offensiva e dannosa per i bambini, citando blasfemia, pedofilia e bestialità. Uno degli edifici di Santander è stato recentemente contrassegnato con le frasi “La Banca di Santander sostiene la pedofilia” e “sono anticristo”. Dietro queste proteste c’è il gruppo libertario Movimento Brasil Livre (MBL), che ha guadagnato consensi in tutto il Paese, che ha rimarcato: “La pedofilia, la zoofilia e la sessualizzazione dei bambini non rappresentano assolutamente l’universo LGBT”.
Tutto, stando alle parole del curatore Fidelis, sarebbe filato liscio fino a mercoledì scorso, quando i membri della MBL hanno iniziato a infiltrarsi nella mostra, aggredendo i visitatori e ripubblicando su FB i video in scena. 
Quel che però è peggio, è che Santander – annunciando su Facebook la sua decisione di chiudere la mostra, non solo si è scusata con coloro che sono sentiti mancati di rispetto, ma ha concluso scrivendo che “Queermuseum  non era in linea con la nostra visione del mondo”.
E meno male che, ancora si legge, “Lo scopo di Santander Cultural è quello di incoraggiare le arti e promuovere il dibattito intorno alle grandi questioni del mondo contemporaneo senza generare alcun tipo di mancanza di rispetto o di discordanza. Il nostro ruolo, come spazio culturale, è quello di far luce sul lavoro dei curatori e degli artisti brasiliani per ispirare la riflessione. Lo abbiamo sempre fatto senza interferire nel contenuto per preservare l’indipendenza dei suoi autori e questo è stato il modo più efficace per offrire al pubblico un “lavoro” innovativo di qualità”. A Roma si direbbe “paraculi”.
Fidelis, invece, ritiene lucidamente che Santander, con questa scelta, abbia creato un precedente pauroso degno di una dittatura. E nel mentre sono montate le controproteste. Aggiornamenti in corso. (MB)

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