31 agosto 2017

Fino al 2.X.2017 Danilo Bucchi. Lunar black MACRO, Roma

 

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Siamo al MACRO, nella Project room #2 di via Nizza. Ci attende la mostra Lunar Black di Danilo Bucchi formata da 8 opere, di cui una monumentale, e completata con la proiezione di Illusion , appartenente alla serie delle lavagne luminose. Per chi conosce il percorso di ricerca dell’artista romano, classe 1978, l’impatto è quasi claustrofobico. Ci troviamo, infatti, di fronte a un ciclo potente, spartiacque, che ne segna l’incipiente maturità. Scandita dall’intreccio tra il figurabile e una vis segnica arbitraria che lambisce l’astrazione, nella libera pulsione non predeterminata dell’occhio e della mano. Impressa in quella “nerità” per dirla con le parole di Achille Bonito Oliva, curatore della mostra, che esprime non solo una profondità cromatica. C’è molto di più. Ma, prima di proseguire, è necessario un chiarimento. Bucchi è un pittore, che ha trasformato, piegato, innovato a suo uso e consumo, un linguaggio che ha attraversato i secoli e i millenni nella storia. E che lo ha portato ad abbandonare il pennello e a impugnare una siringa dotata di aghi più o meno sottili. Che erutta colore, nero in primis (ma non è detto, come nel caso dei suoi rossi, intensi quanto drammatici), dando vita a un flusso di inchiostro ininterrotto sulla tela, seguendo un processo da scrittura automatica. Che avrebbe affascinato i surrealisti, da Philippe Soupault a René Magritte.

Butterfly, 2016. Smalto su tela, 130 x 200 cm

Butterfly, 2016. Smalto su tela, 130 x 200 cm

L’artista romano impugna la siringa come un lapis, ma poi la fa vibrare come un pennello in un gesto apparentemente incontrollato. L’esito è un segno personalissimo che precede il significato e diviene il mezzo di connessione con quel territorio liminale fra l’inconscio e il mondo reale. Una peregrinazione anacoretica insomma lungo le mura dell’inconscio. Senza valicarle mai. Perché, quando si giunge all’ignoto, si finisce col perdere l’intelligenza delle proprie visioni, scriveva Rimbaud. Il risultato è la traduzione pittorica di un pensiero profondo e complesso che riflette e indaga sulla pittura, sul proprio vissuto, sul passato e sul presente. Ma anche su uno spazio siderale dell’universo: Lunar Black (il titolo della mostra) esprime, in tal senso, un richiamo cosmico, verso la Luna sì, ma il suo lato oscuro. In un microcosmo divenuto naufragio di forme figurabili che provengono pertanto da lontano, galleggiamento di umanoidi dalle grandi teste – “le bambole mentali” come le chiama l’artista – che sono da sempre alla base della sua figurazione. E che abitano ora le pareti del MACRO, catturate in un vortice di forze primordiali che liberano e danno origine a mutazioni sotto il controllo della subcoscienza del pubblico. Sono epifanie figurabili, apparizioni di ombre pertanto profonde, ma non infere, che hanno perso ormai il connotato di bambole mentali per assumere, invece, quello di feticci mentali. Quasi come ispirate alla mitologia Abakuá afro-cubana. Che ridanno vita a ciò che era stato sottomesso, sepolto dentro di sé. Infatti, secondo Bucchi, un vero dipinto è in grado di stimolare l’inconscio. Ha una natura psicoattiva. E produce nell’osservatore l’effetto delle macchie di Rorschach. Provare per credere.

Cesare Biasini Selvaggi

Mostra visitata il 23 giugno

Dal 23 giugno al 2 ottobre 2017

Danilo Bucchi. Lunar black

MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma

Project room #2 – Via Nizza, 138

Orario: da martedì alla domenica ore 10.30-19.30 (la biglietteria chiude un’ora prima)

Chiuso il lunedì

INFO: 060608 – www.museomacro.org

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