14 agosto 2017

Detroit e la rivolta della dodicesima strada

 

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Tutti conoscono la Eight Mile di Detroit, la grande strada a sei corsie (per senso di marcia) resa celebre dal rapper Eminem nella colonna sonora del film che gli valse l’Oscar nel 2002. Nessuno dimentica la mitica Motown delle industrie automobilistiche, dei locali e delle grandi etichette jazz e soul. Tantomeno si vuole dimenticare il 23 luglio del 1967. La data che segnò l’inizio della “rivolta della dodicesima strada”, durata quattro lunghi, interminabili, giorni, dal 23 al 27 luglio 1967. L’evento scatenante fu rappresentato dal raid della polizia in un bar notturno privo di licenza, il “Blind pig”, all’angolo tra la 12th street (oggi Rosa Parks Boulevard) e Clairmount street. All’incirca alle ore 03:45 di notte. All’interno c’erano ottantadue afroamericani che stavano festeggiando il ritorno di due loro compagni dalla guerra del Vietnam. Lo scontro della polizia con i clienti e i passanti si tramutò presto in una delle peggiori rivolte della storia degli Stati Uniti. La rivolta terminò quando il Governatore George W. Romney ordinò alla Guardia Nazionale del Michigan di dirigersi a Detroit, mentre il Presidente Lyndon B. Johnson aveva inviato direttamente l’esercito. Il bilancio delle vittime? 43 morti, duemila feriti, più di settemila arresti e circa duemila edifici incendiati. Un’ecatombe, insomma. A 50 anni da quell’estate di fuoco, il Detroit Institute of Arts presenta la mostra ” Art of Rebellion: Black Art of the Civil Rights Movement”. Gli artisti afroamericani degli anni ’60 e ’70 sono i protagonisti dell’esposizione che conta trentaquattro opere, tra dipinti, sculture e fotografie, molte delle quali eseguiti da collettivi, che raccontano un intenso e, talvolta drammatico, capitolo della storia a stelle e strisce. «La commemorazione della ribellione del ’67 offre l’opportunità di richiamare l’attenzione su quei talenti, molto spesso sottovalutati, che hanno lottato per la giustizia dal punto di vista sociale, politico e razziale durante quegli anni» ha dichiarato Salvador Salort-Pons, direttore del Detroit Institute of Arts «con il fine ultimo di consolidare una comunità più unita e consapevole». Il percorso espositivo si concentra, in particolare, sui lavori di cinque collettivi: Spiral Active 1963-1965 (New York), Kamoinge Workshop fondato nel 1963 (Harlem), Weusi con base a Harlem(1965), Black Arts Movement (BAM) di New York (1965-76) e AfriCOBRA (African Commune of Bad Relevant Artists) di Chicago (1968). (Gaia Tirone)

Fonte: artdaily

In homepage: Vincent Smith, The Fire Next Time, 1968, olio e sabbia su tela. Opera in mostra al Detroit Institute of Arts.

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