02 agosto 2017

CONTROPELO

 
Dietro le quinte del Pecci: dopo lettere aperte e open call, qual è davvero la situazione a Prato?
di Matteo Bergamini

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Come è andato l’ultimo Consiglio di Amministrazione del Centro Pecci lo abbiamo scoperto tutti, con l’arrivo della call internazionale per il nuovo direttore. La cosa era annunciata da tempo: qualche mese fa si era prorogato l’incarico del direttore uscente, Fabio Cavallucci, e in seguito il museo avrebbe optato per il bando. 
Ma la partita è stata combattuta, e Cavallucci afferma che non sarebbe andata così se non vi fosse stata la pressione del Comune, in particolare dell’Assessorato alla Cultura, al cui vertice siede Simone Mangani, che il direttore negli scorsi giorni ha accusato di essere troppo ingerente con gli affari del Centro Pecci, nella lettera che abbiamo pubblicato.
Una missiva che, probabilmente, ha contribuito a gettare benzina sul fuoco, tanto che Mangani dalle pagine di Repubblica ha solamente ribadito il concetto, ovvero che si è aperta una call internazionale. Fine. E che si dovrà cercare un direttore in generale, e non un direttore “artistico”.  Leggi: qualcuno che sia anche una sorta di business-man per l’economia del museo, che non faccia solo mostre ma anche rete. Qualità che generalmente si riconoscono a Cavallucci, il quale non ha solo aperto il museo con una mostra, ma ha sviluppato una strategia complessa, che va dal programma educativo all’apertura serale con eventi e performance.
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Henrique Oliveira, Transcorredor, 2016, dettaglio. Foto: Ivan D’Alì
Cavallucci pare insomma aver tracciato un solco, come ricorda la Consigliere Luciana Schinco, al quale si cercherà di tenere fede nel prossimo futuro: «Le idee di Cavallucci per il Pecci sono state vincenti, e forse non sarà facile replicarle. Certo è che il museo supererà anche questa, ma nella selezione bisognerà tenere conto di quello che è stato il Centro nell’ultimo anno: un polo a 360 gradi sul contemporaneo». 
Ma torniamo al CdA, e alla scorsa settimana. Il Consiglio si è spaccato completamente (sei membri divisi per due, tre e tre), e a ribadirlo è anche Silvia Cangioli, Socio sostenitore, membro della famiglia Pecci, che ha ricordato: «Verissimo che la municipalità di Prato è tra gli enti fondatori del Pecci, molto prima dell’arrivo della Regione Toscana – i cui consiglieri non sono ancora entrati nel CdA della Fondazione – e che sul Comune di Prato gravano i maggiori oneri per gestire il Centro, ma è anche vero che non abbiamo avuto spiegazioni rispetto all’imposizione del “No Cavallucci” per il futuro». Cangioli ribadisce il rispetto per la decisione ma, appunto, precisa il clima che il direttore uscente ha definito come un atteggiamento politico predominante a scapito della vita del museo. Anche Schinco parla di una forte presenza del Comune e, con Cangioli, è a difendere l’operato di Cavallucci: «Ha avuto il merito di riportare il Pecci ad essere un museo anche quando era chiuso, ideando non solo il Forum ma aprendolo al pubblico per lezioni di arte, proiezioni, talk, conferenze. E ogni volta c’erano decine e decine di visitatori, fino alle centinaia. E ricordiamoci che stiamo parlando di Prato e non di Roma o Milano».
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Dalla caverna alla luna, Viaggio dentro la collezione del Centro Pecci, vista della mostra
Ma allora? Allora c’è anche il fatto che il Comune ha acquisito la collezione permanente del museo, e che all’atto pratico è – appunto – il maggiore azionista del Pecci: impossibile tenere una vera distanza da quella che è la sua vita. Al direttore uscente, poi, si imputa a denti stretti di aver trattato il Pecci come una roccaforte, e di averlo gestito “secondo il proprio modo” – tutte le parti concordi su questo punto – che potrebbe risultare non troppo ortodosso.
Se poi il bilancio si è chiuso in positivo, se “La fine del mondo” ha fatto furore, con oltre 65mila presenze che mai si erano viste in quel di Prato, se è stato istituito il “Forum dell’arte contemporanea” (che fine ha fatto, e che fine farà?) e se abbiamo assistito a trionfalismi in tutte le salse fino a poche settimane or sono, fa nulla. Tutto da rifare. 
Qualche avvisaglia di quello che dovrebbe essere il Centro Pecci del futuro, in realtà, è già tracciabile. 
A Prato si mormora che si volesse al vertice del museo il 40enne Lorenzo Giusti, che in città ha proprio i natali e che ha lavorato a EX3 a Firenze, prima di dirigere al MAN di Nuoro, e ora al vertice della GAMeC di Bergamo, e c’è da notare anche l’ingresso nel CdA del museo toscano di Nicola Ricciardi, 31 anni, milanese con studi e relazioni internazionali e attuale direttore artistico delle OGR di Torino, ente che proprio in questi giorni e proprio con Giusti ha lanciato un tavolo di lavoro internazionale che si svolgerà il prossimo 3 e 4 novembre, all’ombra di Artissima. Il tema? L’esperienza del museo oggi. Una figura quella di Ricciardi, insomma, nella quale il Comune di Prato sembra riporre molta fiducia, tanto che lo ha nominato proprio alla vigilia del fatico Consiglio. Se è stato determinate per il lancio della call, è probabile che lo sarà anche per la composizione della commissione dei rappresentanti – stavolta i consiglieri regionali ci saranno – che dovrà valutare le candidature per la nuova direzione, e dunque per il nuovo assetto del museo. 
Dall’Amministrazione Comunale, ci racconta Cangioli «Si parla di una nuova era. Peccato che quella passata abbia appena fatto in tempo ad iniziare». «Cavallucci ha fatto parlare del Pecci quando ancora le porte erano chiuse, e di tre anni di mandato ne ha fatto, all’atto pratico, solo uno», ricorda Schinco. Una figura di transizione. Per ora il Pecci resta aperto anche ad agosto, sperando non si sia preso un abbaglio, nonostante i lavori all’interno del museo non siano stati completati e non vi sia una caffetteria. 
Matteo Bergamini

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