28 maggio 2015

Una maxi operazione in Cina porta all’arresto di 175 “tombaroli”. Buone notizie anche dall’Italia, con la restituzione di 25 reperti dagli Stati Uniti

 

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Il sito archeologico di Niuheliang, nel nord della Cina, è uno dei principali esempi della cultura neolitica Hongdhan. Scoperta nel 1983, con alle spalle una storia di oltre 5mila anni, l’intera area è in attesa di essere inserita nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco. Recentemente, grazie a una maxi operazione che ha coinvolto un migliaio di agenti di polizia in 7 province e 10 città, si è scoperto che il sito costituiva una redditizia fonte di guadagno per i trafficanti di beni culturali. 
Le autorità cinesi hanno individuato e arrestato 175 defraudatori di tombe recuperando più di millecinquecento reperti, per un valore totale di circa 75 milioni di euro. Tra gli oggetti recuperati anche un antico dragone di giada scomparso nel 2010, tra le più remote rappresentazioni di questo mitico animale, simbolo inconfondibile della Cina. Secondo il Ministero della Pubblica Sicurezza cinese facevano parte della rete anche quattro archeologi, che aiutavano i trafficanti a individuare i luoghi migliori in cui scavare.
Rimanendo nell’argomento una buona notizia arriva anche dall’Italia: ben 25 reperti rubati negli ultimi decenni e introdotti illegalmente negli Stati Uniti sono finalmente tornati nel nostro Paese. Le restituzione si è resa possibile grazie alla collaborazione tra gli agenti statunitensi e il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale.
«L’Italia ha la fortuna di vantare una ricca eredità culturale e per questo motivo è maggiormente soggetta alla sottrazione di importanti reperti archeologici» ha dichiarato l’Ambasciatore americano a Roma John R. Phillips durante una conferenza stampa. 
Sarà, ma di certo non è una giustificazione. Ogni opera illecitamente trafugata vanta una storia particolare. Come, per esempio, quella dei tre frammenti di affreschi del I sec. a.C. rubati da alcuni uffici a Pompei, per essere poi portati in un magazzino a San Diego e finire nella collezione privata di un magnate americano, rimasto anonimo. Oppure il caso del vaso etrusco del 510-500 a.C. scovato all’interno del Toledo Museum of Art in Ohio: il museo aveva acquistato il reperto nel 1982 da Giacomo Medici, un venditore d’arte famoso a livello internazionale che aveva ceduto il vaso presentando false documentazioni. Stessa sorte per un altro vaso, questa volta attico, venduto sempre da Medici al Minneapolis Institute of Arts. Molti degli altri oggetti restituiti sono invece stati confiscati a case d’asta o gallerie d’arte. Nessuno, volente o nolente, si salva dal traffico illecito di beni storici e artistici, per fortuna arrivano notizie come queste che, almeno un po’, fanno tornare il buonumore. (Giulia Testa)

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