07 maggio 2012

ILLUSTRATED SONGS Il vintage anti-concettuale

 
Lady, l’ultimo videoclip dei chromatics, trasmette un calore “nuovo-nuovo” attraverso i riflessi colorati di silver city prom e un nuovo femminismo figlio delle artiste postmoderne

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C’è sempre una linea sottile che collega l’America all’Italia. Nell’ambito musicale, soprattutto, l’ispirazione americana per l’Italia va a scovare suoni che in realtà neanche noi italiani riconosciamo come autoctoni. Esiste, infatti, un periodo tra la fine degli anni Settanta e tutta la durata degli anni Ottanta, di cui fanno parte pochi esempi commerciali come i “Decibel” di Enrico Ruggeri, i Matia Bazar del periodo Tango e Giuni Russo di Energie (due dei migliori album della storia della musica italiana), che ha visto la nascita in Italia di un genere improntato sulla sperimentazione elettronica. Un synth-pop che non aveva niente da invidiare ai paesi del Nord, tanto da avere la capacità di svilupparsi in un modo indipendente e avere una propria definizione: “italo-disco”. Easy Going, I Fratelli La Bionda, sono nomi poco noti al pubblico italiano odierno ma che, invece, sono stati tenuti bene in mente dalla band americana Chromatics
Chromatics è una band dell’Oregon, formata dalla cantante Ruth ma soprattutto dalla mente del produttore Johnny Jewel, un chiaro fan del genere musicale di origine italiana appena descritto. Ce lo conferma il fatto che la casa discografica scelta per il loro esordio si chiama Italians Do It Better, il motto che rimbombava nella testa di qualsiasi adolescente degli anni Ottanta per la tshirt sfoggiata da Madonna nel suo famoso video Papa Don’t Preach. I Chromatics prendono spunto proprio dall’italo-disco, con un sapore retrò che si riflette non solo nel loro sound ma anche nella loro visione estetica.
L’ultimo videoclip realizzato dai Chromatics, Lady (un’altra traccia tratta dal prossimo album della band, Kill For Love), vede la collaborazione del filmmaker (italiano, ancora una volta) Alberto Rossini. Girato lo scorso anno a Silver City Prom, il videoclip segue il lavoro che Rossini aveva già realizzato per i videoclip delle canzoni di Kill For Love e la cover di Neil Young In to The Black, uno stile visivo in linea con l’estetica vintage che sia la band (ne sono testimoni gli abiti di Johnny Jewel) sia la casa discografica hanno coltivato con cura nel corso degli anni.
La fotografia del videoclip, diretta da Rhys Balmer, rappresenta una cinematografia classicamente stilizzata, congiunta al tema vintage attraverso filmati “granulosi” girati con un sentire tipico della fine degli anni Settanta. Traspare così, nonostante la staticità della sceneggiatura (si alternano scene di un’esibizione della band, a scene riprese all’interno di una limousine che vaga per la città), un calore dato soprattutto dalle luci notturne della città, dai suoi riflessi colorati. Tale calore fa venire subito in mente il riferimento ai cosiddetti artisti “Nuovi-Nuovi”, nei quali il disegno o la traccia manuale sono leggeri, eleganti, stilizzati, così da mantenere un ideale raccordo con l’immagine elettronica. Essi rappresentavano una reazione “selvaggia” alle estenuazioni del Concettuale e al trionfo del “freddo” dei mezzi non pittorici. Il passaggio, da un clima “freddo-concettuale” al clima caldo di un recupero dei valori sensibili, avvenne proprio attraverso la difesa della cromia, azzerando gli aspetti fenomenici e considerando il colore come un’entità autonoma, senza riferimento al mondo. 
Nelle scene in cui è ripresa la band che suona, l’elaborazione visiva del materiale originale si fa più radicale con il risultato che il gruppo scompare virtualmente dal film attraverso inquadrature di particolari mai visibili nella loro totalità. Resta il soggetto. La loro performance è calata così in forme di colore con predominanza di giallo e rosso, colori appunto molto caldi. 

La parte finale del video cita l’estetica degli anni Ottanta e Novanta che vedeva l’utilizzo dei grandi pannelli pubblicitari metropolitani da parte degli artisti. La pratica artistica derivava dall’Arte Concettuale, che aveva un gran rapporto con la grafica (anche in quel caso si trattava di parole scritte e impaginate su superfici e supporti, di campagne di affissione che parodiavano il dispositivo pubblicitario). Ma la scritta I Was Always Looking For Lady, prima dei veri e propri titoli di coda del videoclip, guarda soprattutto ad artiste postmoderne come Cindy Sherman, ai suoi Film Stills in cui impersonificava lo stereotipo femminile che i media stessi avevano creato, e alle Guerrilla Girls, femministe radicali che realizzavano grandi manifesti con messaggi espliciti composti da brevissimo testo. Il verso della canzone diventa così una sorta di femminismo contemporaneo, in cui la donna non rivendica più il diritto di indipendenza, di liberalizzazione della sua condizione, ma il diritto più naturale al mondo: quello di innamorarsi (ed essere corrisposta!).
riccardo onorato
 
*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 78. Te l’eri perso? Abbonati!

 

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