31 maggio 2016

Fino al 1.VI.2016 Anatomy of Restlessness Galleria Mario Iannelli, Roma

 

di

La vita? Un «pellegrinaggio perpetuo» mentre «L’uomo, umanizzandosi, aveva acquistato insieme alle gambe dritte e al passo aitante un istinto migratorio». Il virgolettato è tratto dal libro di Bruce Chatwin “Anatomia dell’irrequietezza (Anatomy of Restlessness)”- titolo anche della mostra collettiva presentata nella galleria romana di Mario Iannelli, curata da Lorenzo Bruni – e descrive in qualche modo la rapsodica varietà delle opere esposte, tuttavia legate da una visione “introiettiva” (citando un termine utilizzato nel testo critico di Bruni) debita al campo generazionale in cui gli artisti si muovono.
La prima irrequietezza consiste nel viaggio reale: il gallerista Iannelli si è spostato da Berlino a Roma continuando a lavorare con artisti, tutti operativi tra la Germania e l’Inghilterra. La seconda irrequietezza è invece rintracciabile nella conseguenza del viaggio irreale, quello quotidiano del web o meglio del “clic” che fa essere ovunque seppur in uno stato di immobilità, trasformando la dimensione di quiete della stanzetta di Pascal in stato di smania. Quest’ultimo aspetto sembra essere ciò che sottende alle opere degli artisti in mostra- Joe Clark, Tom Esam, Claus Philip Lehmann, Felix Kiessling, David Prytz, Sarah Schönfeld, Yorgos Stamkopoulos, Philip Topolovac– insieme per la prima volta negli spazi della galleria dopo aver ciascuno esposto con una personale (all’infuori di Topolovac e Stampkopoulos che inaugureranno una mostra personale rispettivamente a settembre e dicembre 2016).
Anatomy of Restlessness (Anatomia dell’irrequietezza), veduta della mostra, Galleria Mario Iannelli, Roma 2016, ph. Roberto Apa, Courtesy of the artists and Galleria Mario Iannelli
Attira la vista e l’udito l’opera Snake dance di Schönfeld, un’installazione che fa volteggiare nell’aria una pelle di serpente gonfiata da un’aspirapolvere il cui sottofondo soporifero richiama riti sciamanici negli elementi danza e serpente, diventando nel movimento irrequieto dell’epidermide del rettile fulcro della mostra. Della stessa artista una serie di fotografie che immortalano il liquido per pulire lo schermo dell’ipad visto al microscopio e con agenti chimici. Se Schönfeld entra dentro ai materiali che la legano a questo rapporto con lo schermo, Esam esce fuori lavorando in termini pubblicitari tra una campagna legata alla questione dell’acqua in Africa e una sulla manifestazione di piazza (o sull’isterismo di piazza?). La tematica del tempo viene affrontata sia come kaiors che come kronos e in relazione alla durata della mostra, da Kiessling e Prytz: l’uno con l’opera Clock running e l’altro con l’installazione Untitled concepita seguendo dei calcoli astronomici relativi alla posizione dei pianeti nei giorni d’apertura e di chiusura della mostra. Tempo fine a stesso è invece introdotto nell’installazione di Lehmann, il quale ripropone un pezzo della personale svolta nella stessa galleria con una porzione di parete dipinta di blu e alcune opere risultato di una maniacale saturazione della superficie con la grafite. La pittura di Stamkopoulos rende protagonista lo sfondo, giocando in qualche modo con la qualità del tempo pittorico. La scultura di Topolovac o le fotografie di Clark guardano invece all’architettura, all’analisi dello spazio che l’uomo progetta per sé, creando un distacco l’uno con la presentazione di un plastico in sughero e l’atro con la frapposizione di maschere forate tra l’immagine e l’obiettivo. 
Questi alcuni dei lavori in mostra e alcune delle questioni mosse dagli artisti. In tal senso il tempo, il marketing, l’analisi chimica, le coordinate astrali o il testo appaiono come momenti introspettivi affrontati dagli artisti che, con lo stesso grado di coscienza generazionale, configurano le loro riflessioni nel rapporto uomo-internet, individuo-privacy, opera d’arte e condivisione della stessa.
Ritornando all’irrequietezza del viaggio reale, viene da aspettarsi un futuro incontro-confronto con le “smanie” degli artisti che da Roma vivono la stessa generazione, per aumentare gli “schermi” nella stanza o le strade nel viaggio.
Giuliana Benassi
mostra visitata il 26 maggio
Dall’11 maggio al 1 giugno 2016
Anatomy of Restlessness (Anatomia dell’irrequietezza)
Joe Clark, Tom Esam, Claus Philip Lehmann, David Prytz, Sarah Schönfeld, Yorgos Stamkopoulos, Philip Topolovac, Felix Kiessling
Galleria Mario Iannelli
Via Flaminia 380, Roma
Orario: dal martedì al sabato dalle 14:00 alle 19:00

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