06 dicembre 2017

Io non amo la natura, vista della mostra Ex Chiesa di San Francesco, Cuneo

 

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Quando la Pop Art dagli Stati Uniti giunse in Italia gli artisti in un primo momento ne assorbirono le linee guida, ma in seguito avviarono un processo di evoluzione del genere, portandolo a definire proprie caratteristiche specifiche. Esempi di questa costante evoluzione sono visibili all’ex Chiesa di San Francesco di Cuneo dove fino al 22 ottobre sono esposte circa 40 opere, tutte provenienti dalla Gam di Torino, che ripercorrono quel periodo di benessere, attraverso la pittura, la scultura, la fotografia e i video. La mostra “Io non amo la natura”, realizzata in occasione dei 25 anni della Fondazione CRC di Cuneo, prende il nome dall’omonima opera di Mario Schifano, che nel 1964 realizza il grande olio su tela, oggi esposto all’interno della chiesa. L’intento era quello di spezzare i legami con il romanticismo italiano per dare spazio alla modernità. Dopo la stagione dell’informale degli anni ’50, nasce perciò una corrente nuova che analizza e approfondisce i rapporti dell’uomo con la metropoli e gli ambienti urbani, con la vitalità e la crescita dovute al boom economico, accompagnate tuttavia da una sfumatura ironica, un certo elemento di critica. In mostra a Cuneo troviamo opere di artisti che non sempre sono associati al genere pop, ma che per un breve periodo ne hanno incrociato la strada, oppure hanno preso spunto per future riflessioni artistiche. 
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Io non amo la natura, vista della mostra Ex Chiesa di San Francesco, Cuneo
Basti pensare ai maestri poveristi quali Jannis Kounellis o Piero Gilardi, presenti rispettivamente con “Z-33, 1961” e “Zuccaia”, che in quegli anni non sono identificati con il gruppo pop, ma con queste opere ne entrano perfettamente in sintonia. Il movimento si basa su una ricerca della modernità e delle contemporaneità negli aspetti più diversificati, dalla moda al cinema, dalla televisione ai giornali. Nascono così opere dall’accento ironico che bene coinvolgono lo spettatore come “Progetto per una lapide luminosa a James Bond” di Elio Marchegiani, o “Schermo casa” di Fabio Mauri. E sull’interattività tra arte e pubblico in quegli anni lavora anche molto Michelangelo Pistoletto, che con l’opera a specchio “Pericolo di morte” riesce a farci entrare e a essere parte attiva dell’opera. Ma perché dunque in Italia la pop art si è distaccata così tanto dal modello originale? “Principalmente credo sia dovuto al fatto che qui abbiamo una lunga tradizione artistica che gli autori spesso non riescono ad evitare – ci spiega il vice direttore della Gam Riccardo Passoni -. È per questo che in alcuni lavori ritroviamo omaggi all’arte classica, alle nature morte, alla scultura”.  Oggi, siamo abituati a essere bombardati da immagini esagerate e dai colori accesi, quasi che verrebbe da pensare ad un ritorno della pop art, tuttavia “non credo che le condizioni necessarie per una nuova pop art come la intendiamo possano di nuovo manifestarsi – conclude Passoni -. Si tratta di un genere realizzato in un particolare momento storico, quello del boom economico, e oggi è difficile si verifichino le stesse situazioni di benessere collettivo”. 
Chiara Gallo

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