14 aprile 2018

L’opinione degli altri

 
Cosa c’è oltre la vetrina di miart? Gli spazi indipendenti, che aprono al dialogo e guardano avanti, tutta la notte. Le voci di Assab One, Dimora Artica, Futurdome, Mars e T-Space

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Tutti pazzi per Milano Art Week. Trainata da miart, la città è in fermento e, messa in rete, mostra i muscoli del sistema dell’arte, quello formato dalle gallerie storiche, dagli artisti e dai curatori più influenti, dai collezionisti che orientano la produzione estetica. E gli spazi indipendenti? Sono più vivi che mai, coinvolti nel contemporaneo, inteso come tempo e relazione, a dimostrare la validità della loro pratica e delle loro idee, non solo al di là della vetrina ma muovendosi all’unisono con le luci della ribalta. L’opposizione è solo una tra le sfumature del termine indipendente, perché la posta in palio è alta, ovvero, fornirne tutte le possibili interpretazioni. Per esempio, riabilitare l’etica del do ut des, oppure, al contrario, sviluppare un sistema di profitto parallelo, realisticamente autonomo. Abbiamo rivolto ad Assab One, Dimora Artica, Futurdome, Mars e T-Space alcune domande, per misurare il polso di questa situazione. Come può dialogare uno spazio indipendente con Miart? Quali opportunità offre Milano a uno spazio indipendente? Cosa sarebbe veramente molo utile ma ancora non c’è?
Per Assab One, lo spazio di Elena Quarestani, «Il dialogo tra le attività commerciali e quelle che hanno a che fare con la ricerca è irrinunciabile per tutti coloro che operano nel mondo dell’arte. In particolare per gli organizzatori di miart gli spazi indipendenti arricchiscono le proposta in città rendendo più attraente il programma. I visitatori hanno così l’occasione di entrare in relazione con proposte artistiche che anticipano le tendenze in un ambito non commerciale. Negli spazi indipendenti gli artisti hanno infatti la possibilità di realizzare progetti inediti, che difficilmente troverebbero spazio altrove». 
Un dialogo che non abbia come esito il tradimento di una linea? Bisogna essere sicuri di se stessi e delle proprie basi e per Dimora Artica, capitanata da Andrea Lacarpia  è una strada possibile, visto che «Soprattutto dal periodo post Expo 2015, gli spazi indipendenti sono divenuti parte integrante della scena artistica cittadina. La connessione di quest’anno con il Miart è il segno dell’avvenuta trasformazione delle realtà autonome che passano da una condizione di volontario isolamento ad un ruolo più incisivo nel sistema, soprattutto per quanto riguarda la diffusione di ricerche artistiche aggiornate al presente». 
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Il blu perenne del cielo Jaya Cozzani Chandran | Cosimo Filippini, courtesy Mars
Dello stesso avviso Fabio Carnaghi, curatore e co-direttore di MARS: «Un progetto quando è realmente indipendente può essere dialogante con ogni realtà, sia essa istituzionale o meno, proprio perché l’indipendenza in questi casi non prevede conflitti, tanto meno di interessi. Miart è interessante perché porta in città pubblico ulteriore e curioso che ha voglia di esplorare anche i meandri più undergound, come è accaduto lo scorso anno a MARS con molte visite alla collettiva “Petit Salon”. Anche quest’anno il dialogo starà nella proposta culturale di un progetto a MARS capace di essere attrattivo, in parallelo alle attività della Fiera». 
Futurdome punta sulla radicalità, intesa anche come ampliamento delle possibilità di crescita: «Quest’anno, la controprogrammazione di miart, nel concentrare, all’interno di un’unica serata, tutte le forze indipendenti rappresenta tanto un primo passo di avvicinamento, d’osservazione, quanto, allo stesso tempo, una presa di distanza. Ma riteniamo che, con il tempo, una mostra come “Outer Space” (2017), possa insegnare quanto l’unione di tutti gli spazi indipendenti italiani rappresenti un’alternativa fresca, pura, per i collezionisti, rispetto al mercato dell’arte codificato, scandito dalla fiera. Il dialogo tra le due realtà può avvenire presentando contenuti affini, da parte degli spazi indipendenti, ma arricchiti rispetto a miart; nei project space crescono sensibilità approfondite da un’esperienza differente, non mediata del mondo dell’arte, da dialoghi più complici con gli artisti, da processualità più libere e dalla storia presente che accompagna l’indipendenza di ogni singolo spazio non votato – a livello di mere finalità – alla vendita di opere d’arte». 
Più critica la posizione di T-Space: ‹‹Uno spazio indipendente parla costantemente al suo pubblico, lo fa anche miart. Gli spazi indipendenti ascoltano e studiano quello che fa miart, sarebbe un inizio di dialogo se miart ascoltasse quello che dicono gli spazi››.
E la città come reagisce a queste sollecitazioni? I protagonisti non hanno dubbi nell’elevarla ad ambiente nel quale si sono ricreate le condizioni ideali per la buona riuscita dell’esperimento. Per Assab One, «offre l’opportunità di rivolgersi ad un’audience attenta, internazionale e motivata in un contesto favorevole. Milano è una città con risorse straordinarie, dinamica, generosa capace di reagire anche nei momenti difficili». 
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ASSAB ONE Giovanni Hanninen Il Viaggio di Roland Ultra, 2013 ph Delfino Legnani

«Milano è una città ricettiva rispetto alle nuove tendenze dell’arte, quindi particolarmente attenta anche alle attività culturali autonome che si pongono in modo propositivo. Anche se sono gli ambiti della moda e del design a catalizzare maggiori capitali e attenzione mediatica, l’arte contemporanea ha un proprio pubblico ed ampie potenzialità non ancora sviluppate», secondo Dimora Artica. 
Futurdome fa riferimento a una precisa situazione storica: «La maggior parte degli artisti italiani, a livello accademico, si forma a Milano; città che è anche dotata di un ottimo numero di gallerie, istituzioni e redazioni non solo votate al contemporaneo ma geneticamente dedicate alla connessione con realtà internazionali. Inoltre, a partire dal 2012, a seguito del periodo di transizione tra la crisi economica e la ventata costruttiva di Expo2015, ha cominciato a rifiorire una differente disponibilità di territori, dell’immaginario e non. Luoghi espositivi interstiziali e ibridi che hanno sospinto la nascita di una generazione ulteriore, una successiva task-force di spazi indipendenti, in aggiunta alle esperienze di – fra gli altri – Careof, Viafarini, Mars, Gaff, Dimora Artica, PeepHole e Gasconade». 
Del contesto parla anche T-Space: ‹‹È facile muoversi a Milano, non ci vuole molto ad andare da qualche parte a vedere una mostra. Questo fa sì che il pubblico di Milano sia attivo. Passano tutti i tipi di persone, non si sa mai chi puoi incontrare e in quale occasione. Anche se piccola, con pochi lavori, una mostra a Milano avrà facilmente un pubblico››.
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Futurdome
Carnaghi guarda al futuro: «Milano è una città multiforme e dinamica sotto il profilo culturale. Una città che ha vissuto stagioni auree ed altre più grigie ovvero gli anni Ottanta e gli anni di piombo. Per gli spazi indipendenti sopravvivere in questa città ha vicende alterne, ovvero significa godere di opportunità di visibilità ma al tempo stesso perdersi nei meandri di un sistema omologante e per certi versi uniformante a definizioni onnicomprensive come quella che si attribuisce all’essere realtà indipendente, concetto che invece dovrebbe spalancare lo sguardo sul pluralismo e sulla differenza. Detto questo, MARS respira l’aria milanese da dieci anni ormai – peraltro in un quartiere complesso – ed è importante che a questo punto Milano possa cominciare a guardare ai progetti pionieristici in zone sensibili come opportunità piuttosto che il contrario».  
Insomma, tutti sembrano piuttosto soddisfatti. Possibile che vada tutto così a gonfie vele? No, non è così e si tratta del solito, caro problema: la sostenibilità economica. 
«Più risorse economiche. E poi vi faremo vedere che cosa saremo capaci di fare…», promette Assab One.
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Tania Fiaccadori, Sea-Monkeys Cult at Dimora Artica, Milan, 2018
Dimora Artica si fa portavoce di una condizione diffusa: «Preferisco rispondere allargando lo sguardo dalle personali difficoltà alla situazione generale condivisa da molti – spiega Lacarpia – Attualmente in Italia manca un accordo tra i vari componenti dell’art world che possa sostenere la promozione degli artisti emergenti in modo continuativo. Manca un dialogo tra project spaces, gallerie, fiere, collezionisti, sponsor privati, fondazioni, spazi istituzionali e amministrazioni pubbliche, perciò non circola il denaro sufficiente per sostenere le ricerche artistiche emergenti più interessanti. Le energie in campo sono tante ma sono tutte sconnesse».
Per Futurdome, «la possibilità di far crescere, ancora di più, attraverso residenze, borse di studio e viaggi di scambio con altre istituzioni indipendenti europee, gli artisti, emergenti o affermati, in cui fermamente crediamo; e inoltre, la regolare disponibilità di un budget». 
Per Mars è una questione di punti di vista: «Tantissimo per un progetto realmente indipendente e autenticamente no profit come MARS è pochissimo per altre realtà. Tantissimo per noi sarebbe continuare a sopravvivere coprendo i costi vivi che inevitabilmente la nostra attività comporta, cosa che in passato è stata sostenuta dall’aiuto di molti amici. Per il resto MARS ha tantissima energia e credo che questo rappresenti la vera calamita che attrae da sempre interesse e partecipazione».
Se il problema è il profitto, tanto vale rimboccarsi le maniche e non perdersi d’animo, come fa T-Space: «Siamo autofinanziati, dobbiamo creare una nostra economia. Speriamo possa essere diversa rispetto al modello di una galleria, ci stiamo lavorando!».
Appuntamento, per tutti, stasera (almeno) fino a mezzanotte. La lista completa degli spazi aperti per l’occasione la trovate sul sito di miart.
Mario Francesco Simeone

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