12 giugno 2017

Il tramonto post-atomico di Pierre Huyghe

 
Lo Skulptur Projekte risente del suo format. E tra interventi medi e bassi vince l'artista francese “premiato” anche a Documenta 13, qui con un intervento epocale

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A Münster non è particolarmente facile arrivare. E ci si arriva, soprattutto, con dieci anni di attesa alle spalle. Si va allo Skulptur Projekte (quest’anno diffuso anche nella vicina, ma non troppo, cittadina di Marl) perché l’operazione ideata da Kasper König, si ripete, è il più celebre e riuscito esperimento di inclusione di arte pubblica nel tessuto cittadino. 
Sono passati però 40 anni dalla prima edizione, e mentre nel 2007 l’atmosfera era decisamente più brillante e “urbana”, stavolta quel che si vede (anzi, che si scopre dopo accurate ricerche mappa-muniti) tra strade, cortili, spazi e muri del centro della Vestfalia non è particolarmente esaltante. Buone intuizioni a volte, che restano però – più che arte pubblica – sculture all’aria aperta.
Va bene anche così, l’importante sarebbe specificarlo un po’ più accuratamente; d’altronde i tempi e i mezzi di esposizione, e produzione, di ciò che viene definito “scultura” sono molto cambiati, e invece il “Projekte” appare quasi come una manifestazione d’altri tempi. Del secolo scorso, appunto.
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Bene, date queste premesse, se siete in zona o se ci verrete, fate una cosa: armatevi di bicicletta o di automobile, e lasciatevi alle spalle Münster: gli interventi migliori di questa quinta edizione del progetto di scultura sono in luoghi ben isolati e ben oltre il “ring” che delimita il centro cittadino. Delle altre vi diremo sotto, perché in queste prime righe vogliamo raccontarvi esclusivamente di Pierre Huyghe. Il suo intervento si chiama After Alive Ahead. Si trova in un ex palazzo del ghiaccio, nascosto dietro un Burger King. Dopo aver oltrepassato a piedi un po’ di sterrato, ed esservi confrontati visivamente con le brutture architettoniche tedesche, Huyghe vi porta – a gruppi di trenta persone – in un altro mondo. È una scena post-atomica, dove sono messe in relazione cellule tumorali accuratamente stoccate in un incubatore, biotecnologia ed ingegneria: una conchiglia mappata digitalmente e sulla quale è stato costruito un algoritmo determina l’apertura e la chiusura di due grandi piramidi create ex novo su un soffitto, che forse di spore dannose per la salute ne contiene già abbastanza, per permettere l’arrivo e l’uscita di un gruppo di api che vive in due strani alveari che ricordano un Menhir. La stessa conchiglia determina anche la luminosità e l’oscuramento di un acquario – classico di Huyghe – posto al centro dall’ambiente e dentro al quale non solo stanno alcune forme di vita, ma una serie di schegge di cemento che – non è assolutamente un caso – sono disposte ispirandosi al dipinto The sea of ice di Caspar David Friedrich, dipinto nel 1824 a Dresda, che ritrae la nave rompi-ghiaccio HMS Griper di William Edward Parry intrappolata nel mare gelato. Dresda, la città più distrutta della Germania durante il Secondo Conflitto. Il post-atomico. Le cellule tumorali governate nell’aumento da un algoritmo e che, attraverso le onde dei cellulari, tramite l’app appositamente creata per “prepararsi” a questo progetto, cambiano e permettono la comparsa in realtà aumentata di un’altra piramide, in base alle sollecitazioni. E poi il lavoro di scavo. Già, perché la pista da pattinaggio dell’ex Palazzo del Ghiaccio – chiuso lo scorso 2016 – è stato completamente divelto in due mesi e mezzi di lavoro: visivamente il risultato è quello di una fossa, o di un cantiere. O di un terreno esploso.
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Nel catalogo, Huyghe, definisce il progetto con queste cinque parole: Indeterminato, Indifferente, Indiscernibile, Non intenzionale, Imprevedibile.
Le pozze d’acqua formatesi nel terreno sporco sono inquietanti specchi sui quali il tramonto del Nord Europa (abbiamo visitato questo luogo alle 20.30 circa) getta l’ultima luce possibile, in un posto che trasuda un’immane energia nera. Due pavoni, lenti  nei movimenti come fossero statue, chiudono la scena: potrebbero essere il memento mori, la vanità del nostro tempo che qui viene trasformata in Vanitas dall’uso errato che l’umano ha fatto delle sue possibilità, portandosi nel baratro, auto-seppellendosi. Ecco perché abbiamo scelto di usare il termine “epocale” come designazione temporale. 
Difficile descrivere a parole quel che si può sentire da queste parti, ma avrete ampiamente capito che si tratta dell’ennesimo lavoro imperdibile di un fuoriclasse che – dalla scorsa Documenta fino al Centre Pompidou, passando per il Roof del Metropolitan di NYC – riesce ad impossessarsi dell’attenzione, e a scavare come ghiaccio nella roccia. Creando un lavoro altamente articolato, dove la complessità non toglie però nulla all’impatto.
Il budget per realizzare After Alive Ahead? Non ci è stata data risposta esaustiva. Peccato perché, forse, si scoprirebbe un po’ più lucidamente questo divario tra interventi: stando all’ufficialità ad essere sponsor della manifestazione è il Museo LWL, insieme alla città di Münster e allo Stato Federale della Renania Settentrionale-Vestfalia; dopo il dibattito tra curatori, municipalità e cittadini che avviene durante gli anni di preparazione, di ogni scultura designata per restare in permanenza viene fissato il prezzo, che non può essere modificato per garantirne la certezza dell’acquisizione. 
E allora, che rimane  di questa quinta Münster, al di là dei conti in tasca? Poco. 
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Curiosa l’installazione del duo Peles Empire, una scultura monolitica in cui è possibile entrare e sostare, che sulla “facciata” riporta le forme di un castello inesistente, realizzato mixando stili architettonici. Buono il progetto di Hito Steyerl, HellYeahWeFuckDie, assolo sul tema della robotica e del cyborg, nel loro essere “vittime” dell’umanità. Questa, però, appare come una mostra a parte rispetto alla scheda dello Skulptur Projekte, anche perché i pezzi di Steyerl sono in dialogo con le altre opere della collezione della banca LBS West, presenti nell’atrio della sede dell’istituto di credito.
Preparatevi a una bella coda se volete entrare nelle stanze di Gregor Schneider all’LWL, mentre se volete contribuire al falò del “legno d’artista” che Oscar Tuazon ha utilizzato come armatura per costruire la sua torretta in cemento al lato del canale sappiate che sarete costretti ad attraversare una rought-land che dimessa è dire poco. Dulcis in fundo un bel momento di relax con un intervento che, stavolta sì, è Public: quello di Ayşe Erkmen. Si intitola On Water e vi farà camminare sulle acque, ma non alla maniera di Christo, e ci mancherebbe! Qui siamo in Germania, e le cose si fanno senza fronzoli né cerimoniali, figuriamoci se ci si vuole mettere il biblico! E allora dentro fino al polpaccio nell’acqua fredda, poggiando i piedi su una grata metallica che dopo poco fa avvertire il suo “massaggio plantare”, senza alcuna protezione ai bordi che freni coloro che si sporgono un po’ troppo tanto da finire a fare un bagno improvviso (e siamo sempre nel canale, eh). Come a dire…at your own risk. Un po’ come scegliere di essere a Münster, che poi alla fine è sempre un’esperienza.
Matteo Bergamini

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